Diritti

Africa: le donne Masai sfidano la società patriarcale

Dopo aver avviato piccole attività commerciali, le indigene delle tribù del Kenya meridionale hanno trovato spazio nelle amministrazioni locali, per cambiare un sistema fatto di discriminazioni, stereotipi e soprusi
Credit: Kureng Workx
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8 febbraio 2024 Aggiornato alle 07:00

In Kenya, all’interno delle società Masai tradizionalmente patriarcali e gestite dagli uomini, si sta facendo strada una nuova generazione di donne che sta assumendo ruoli di leadership via via più influenti. Fino a un decennio fa, nelle tribù semi-nomadi che popolano la riserva di Masai Mara nel sudovest del Paese, sarebbe stato quasi impossibile che una donna si occupasse della gestione finanziaria della comunità e di come amministrarla. Oggi qualcosa è cambiato.

Alle donne Masai è proibito possedere proprietà e accumulare beni materiali, denaro compreso; ma a queste usanze si sta sostituendo una nuova consapevolezza che porta le donne a guadagnare un reddito costante per mantenere le proprie famiglie e incentivare l’istruzione dei figli. Per le giovani, frequentare la scuola resta tuttavia difficile: il 48% delle ragazze Masai si iscrive a scuola, nonostante l’iscrizione alle elementari sia gratuita, e solo il 10% di loro riesce ad accedere all’istruzione secondaria.

All’interno delle riserve gestite collettivamente da comunità Masai, le donne non si limitano più a occuparsi dell’allevamento degli animali e del lavoro domestico. Il turismo locale infatti ha portato alcune di loro a guadagnare producendo e vendendo collane e piccoli manufatti, mentre altre sono diventate autiste di jeep per turisti e guide del territorio. Allo stesso tempo, le donne istruite hanno iniziato a gestire le loro attività artigianali e l’affitto dei terreni del Masai Mara alle compagnie turistiche, trovando spazio nei Governi delle loro comunità.

Se gli uomini e le aziende locali vedono la presenza delle donne nell’amministrazione delle comunità come una risorsa capace di migliorare la condizione delle famiglie e la sussistenza del territorio, le attiviste Masai chiedono maggiori diritti e potere decisionale.

Il nuovo ruolo conquistato dalle donne sta lentamente contribuendo anche a contrastare la mutilazione genitale femminile che secondo l’Unicef riguarda quasi 3 ragazze Masai su 4 a partire dai 12 anni, nonostante sia vietata dal 2011. Mentre le Nazioni Unite stimano che 574.000 giovani donne keniane potrebbero ancora essere sottoposte a questa pratica entro il 2030, diverse organizzazioni umanitarie portano nelle scuole secondarie kenyote programmi di sensibilizzazione per informare studenti e studentesse dei pericoli legati alla procedura.

Alcune donne Masai che sono state a lungo incaricate di compiere le mutilazioni nelle loro comunità hanno scelto di abbandonarla dopo aver compreso la portata dei rischi, opponendosi alla tradizione e agli stereotipi che vedono nella giovane sottoposta alla procedura l’unico modo di essere utile alla sua comunità.

Per molte adolescenti Masai però la circoncisione femminile e il matrimonio forzato restano ancora le uniche possibilità di vita imposte dalle famiglie.

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