Futuro

Il turismo spaziale è sempre più “privato”

Lo testimonia la nascita e lo sviluppo di aziende aerospaziali di proprietà dei più ricchi miliardari del Pianeta come la SpaceX di Elon Musk, la Virgin Galactic di Richard Branson e la Blue Origin del proprietario di Amazon Jeff Bezos
Credit: julien Tromeur 

Tempo di lettura 4 min lettura
28 novembre 2023 Aggiornato alle 13:00

Il futuro dello Spazio è sempre più dominato dai capitali privati, specialmente dal nuovo turismo spaziale.

Negli ultimi anni sono emerse diverse aziende aerospaziali private di proprietà dei più ricchi miliardari del Pianeta, come la SpaceX di Elon Musk, la Virgin Galactic di Richard Branson e la Blue Origin del proprietario di Amazon Jeff Bezos.

Gli inizi sono stati focalizzati principalmente sul fornire un viaggio particolare e di lusso ai più facoltosi, con un costo dei biglietti che oscilla fra i 500.000 e i 4 milioni di dollari, che dovrebbe calare nel tempo con il progredire della tecnologia e l’espansione commerciale di questo tipo di esperienze, fino ad arrivare ai viaggi sulla Luna o su Marte: «I viaggi spaziali, proprio come gli albori dei viaggi con aerei commerciali, probabilmente rimarranno inizialmente un’esclusiva di pochi eletti, diventando gradualmente un aspetto importante dei viaggi esperienziali», ha affermato Raaghav Belavadi, fondatore e Ceo della piattaforma di servizi di lusso Hype Luxury, aggiungendo che «l’esperienza offre 10-12 minuti di esplorazione dello Spazio, con assenza di gravità, la sensazione di essere un astronauta e una vista maestosa del nostro Pianeta da un punto di osservazione che raggiunge circa i 360.000 piedi (110 km) sopra la superficie terrestre».

Gli ultimi 2 anni, a causa dei costi notevolmente elevati di questo ambito industriale, hanno visto una diversificazione del settore con una sinergia sempre più forte fra privati e apparati pubblici, dove vengono offerti diversi servizi, dal lancio di satelliti alla consegna di merci, fino al trasporto di membri dell’equipaggio dalla Stazione Spaziale Internazionale (Iss).

In questo ambito le società Blue Origin, Northrop Grumman e Nanoracks hanno ricevuto 415 milioni di dollari dalla Nasa per la strategia chiamata Low Earth Economy. Il progresso tecnologico ha spinto nuove società a investire nella ricerca spaziale e in nuove iniziative, come quelle dell’impresa Axiom, che ha intenzione di sostituire dopo il 2030 la Iss con una nuova stazione orbitale finanziata da capitali privati e dall’incrocio con alcuni dei maggiori brand mondiali, dal cibo, alla moda, fino agli orologi di lusso.

L’evoluzione della space economy, che sogna in grande con la promessa di Elon Musk di avere una città su Marte da 1 milione di abitanti entro il 2050, si scontra con le problematiche ambientali causate da un settore estremamente inquinante. Con la riduzione dei costi operativi e l’aumento dei viaggi spaziali, sia per il nuovo turismo, sia per le operazioni commerciali, le emissioni provocate dai propellenti solidi aumenteranno drasticamente, generando anche un impatto sull’ozono stratosferico e sull’ecosistema in generale.

Oltre a contribuire alla crisi climatica-ambientale, la space economy sta generando troppi detriti nello spazio, specialmente nell’orbita terrestre bassa, che possono incrementare il rischio di incidenti.

Nel lontano 1978 lo scienziato Donald J Kessler, membro della Nasa, ipotizzò la “sindrome di Kessler”, dove una serie di collisioni spaziali incontrollabili potrebbero essere causate dai detriti in orbita, generando a loro volta ulteriori detriti e rendendo sempre più pericolosa l’esplorazione del cosmo. Portando allo stesso tempo anche alla distruzione dei satelliti artificiali e degli altri strumenti spaziali.

Allo stato attuale circa 6.500 tonnellate di rifiuti spaziali affiancano 2.000 tonnellate “utili” di satelliti operativi.

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