Suzi Kim
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Diritti

Quelli della notte: chi sono i 3 milioni di italiani che lavorano quando dormiamo?

La Svolta ha incontrato un pescatore, un autotrasportatore, un panificatore, un agente, un tassista e una pediatra, che hanno raccontato cosa significa essere operativi quando tutti dormono
di Dania Ceragioli

In Italia sono circa 3 milioni gli occupati nelle professioni notturne e, nonostante se ne parli poco, questi lavori sono fondamentali; tra i settori maggiormente coinvolti: trasporti, sanità, distribuzione, forze dell’ordine.

La norma DL. 66/2003 ritiene lavoro notturno il “periodo di almeno sette ore consecutive che comprendono l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino”. Ai lavoratori appartenenti a questa categoria, definita come “usurante”, vengono concessi alcuni benefici, come la possibilità di accedere al pensionamento in anticipo.

Il lavoro notturno viene anche maggiormente retribuito rispetto alle attività diurne, per compensare in parte le condizioni di alterazione che il ciclo sonno-veglia comporterebbe sull’organismo nel lungo periodo.

Lavorare di notte, infatti, rappresenta una condizione di stress elevata: spesso i lavoratori interessati possono avere problemi di salute a causa di disturbi del sonno o malattie dell’apparato digestivo e cardiovascolari.

Secondo i dati dell’Eu Labour Force Survey - Eurostat del 2019 (il cui campione era formato da 28 Paesi in Europa, e riferito all’anno 2018), il 13,3% degli occupati “notturni” (circa il 16,7% degli uomini e il 9,4% delle donne) era stato colpito da forme tumorali.

La Svolta ha incontrato alcuni “lavoratori della notte” della Toscana, per conoscerne i misteri.

Vito il pescatore

Vito è un pescatore: il mare è la sua casa da generazioni; usciva in barca fin da piccolo con suo nonno e suo padre ma la tradizione familiare con lui si interromperà, perché i suoi figli hanno deciso di fare altro. «Ho sempre amato questa vita penso di avere la salsedine nelle vene, ma è faticosa, piena di insidie e anche poco remunerativa ora, con gli aumenti del carburante che ci sono stati».

Vito racconta, infatti, che il comparto della pesca della zona è in crisi: «sono rimaste 39 imbarcazioni a strascico e un centinaio di barche da piccola pesca che occupano complessivamente circa 200 persone a bordo».

«Ci sono diversi tipi di pesca - aggiunge - noi usciamo al tramonto e rientriamo al mattino perché alcuni molluschi vengono catturati con maggiore facilità grazie all’oscurità. Navighiamo ogni giorno tranne i festivi e a volte rientriamo con le reti vuote soprattutto quando è freddo come in questo periodo in cui i pesci se ne stanno riparati fra gli scogli».

«Se è un’attività rischiosa? - si chiede Vito - Sicuramente ma quale professione non lo è. I pescatori hanno la fortuna di vivere a contatto con la natura, non importa se la pelle brucia e si è tanto stanchi da trascinarci, siamo i padroni di noi stessi però è un mestiere duro che non rifarei».

Guido l’autotrasportatore

«Ormai dopo oltre 30 anni sono abituato, la notte non mi spaventa più. Su questi camion viaggia di tutto ma in modo particolare generi alimentari destinati alla grande distribuzione. La nostra è una vita al contrario che non riguarda soltanto noi ma che investe anche le nostre famiglie, il sacrificio è collettivo».

A raccontarlo a La Svolta è Guido, autotrasportatore, che con il suo mezzo percorre talvolta migliaia di chilometri per consegnare prodotti che ignari consumatori il giorno dopo inseriranno nei loro frigoriferi.

Ma, nonostante le tante ore al volante, si può parlare di libertà? «Se piace guidare non c’è mestiere più bello ma nonostante si guadagni bene non si trovano giovani disposti a provarci anche perché è diventato assai complicato ottenere le patenti».

A cosa si pensa quando si hanno davanti così tante ore di guida? «Soprattutto a finire in fretta a andare a riposare - spiega Guido - Le ore più critiche sono quelle che coincidono con l’alba sono quelle in cui dobbiamo restare concentrati per non commettere errori».

Alberto il panificatore

Alberto è un panificatore (ovvero la persona che materialmente impasta e inforna i prodotti che il panettiere poi vende il giorno dopo): il prossimo anno, racconta a La Svolta, andrà in pensione. «Inizio a lavorare intorno a mezzanotte ma non so mai quando finisco e questo avviene 6 giorni su 7. Dormo dalle 4 alle 6 ore e se penso a tutti i sacrifici che faccio in termini di qualità della vita davvero non ne vale più la pena, fra le bollette e le farine i prezzi si sono triplicati».

Il momento più complicato? «Sicuramente fra le 5 e le 7 del mattino è quello più duro in cui gli occhi si chiudono. Sono sollevato all’idea di abbassare la saracinesca adesso voglio dedicarmi alla famiglia, alle mie passioni, recuperare un po’ del tempo impiegato negli anni in questa attività».

Stefano l’agente della polizia stradale

Gli uomini e le donne delle forze dell’ordine, invece, raccontano di trovare nella notte una nuova energia e di riuscire a notare situazioni che il caos giornaliero non consente.

Stefano è un agente della polizia stradale e durante la notte dice di assistere a un aumento della solidarietà fra le categorie più vulnerabili. «Si crea una rete in cui tutti riescono a diventare l’altro. No, non mi sono mai trovato in situazioni difficili, si esce sempre in due e se si hanno criticità chiamiamo rinforzi».

«Ho scelto questo lavoro perché mi fa sentire utile, alla fine del mio turno ho la consapevolezza di aver potuto fare la differenza. Chi ci chiama durante la notte - prevalentemente nella viabilità autostradale - lo fa perché è in difficoltà. Ci sono tanti locali nella zona e gli interventi riguardano soprattutto incidenti, talvolta vengono coinvolti giovanissimi che perdono la vita e a questo non ci si abitua mai».

Andrea il tassista

«Trovo ci sia qualcosa di straordinario nella notte è un modo diverso di vedere la città, poi si fanno incontri incredibili negli ultimi tempi siamo diventati anche un po’ psicologi - racconta Andrea, tassista, che da oltre 25 anni svolge questa professione - Non ho paura abbiamo le telecamere siamo protetti, è un lavoro però che richiede parecchia attenzione, guidare in mezzo al traffico circa 8 ore al giorno 6 giorni su 7 è molto stressante».

Nel suo sguardo si scorge ancora l’entusiasmo degli inizi anche se confida a La Svolta che non consiglierebbe mai a un ragazzo di intraprendere questa carriera, per i costi della licenza, per lo stile di vita, per la concorrenza dei servizi di car sharing e dei Bla Bla car e il mancato adeguamento delle tariffe.

Chiara la pediatra

«Ci vuole una motivazione molto forte per intraprendere la carriera del medico e per gestire il carico di stress che si accumula a ogni turno». A raccontare il suo rapporto con il lavoro notturno è Chiara, una pediatra ospedaliera da quasi 12 anni.

«Svolgiamo il nostro lavoro, che crediamo essere insostituibile, con grande dedizione e responsabilità indipendentemente dagli orari, anche se ci sentiamo un po’ diversi dal resto delle persone proprio per il genere di vita che conduciamo. I turni sono di 12 ore e vanno dalle 20:30 di sera alle 8:30 del mattino, anche se questo comporta ritmi meno monotoni ha un forte impatto sulla salute».

«Non ci togliamo mai completamente il camice quando rientriamo a casa: c’è sempre qualcosa che ci rimane addosso, le professioni che hanno un’elevata valenza sociale si portano dietro un grande carico emotivo ma noi sanitari siamo orgogliosi di svolgerle».

Lavorare durante la notte per alcune persone significa guadagnare più denaro, mentre per altre vuol dire “fare ciò che piace”: ma per tutti è semplicemente la professione che hanno scelto.

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