Ambiente

Piano Mattei: cosa pensano le associazioni ambientaliste?

Secondo Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente e Wwf Italia, il progetto “puzza di gas”: “chiediamo un incontro all’Esecutivo Meloni per confrontarci e presentarle il vero piano energetico green e sostenibile”, fanno sapere le organizzazioni in una nota stampa
Uno scatto durante il vertice Italia -Africa in Senato, il 29 gennaio 2024.
Uno scatto durante il vertice Italia -Africa in Senato, il 29 gennaio 2024. Credit: ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Tempo di lettura 4 min lettura
30 gennaio 2024 Aggiornato alle 19:00

“Anche se la Presidente non lo ha esplicitamente nominato, in realtà è molto chiaro che nel Piano Mattei le rinnovabili non sono protagoniste, protagonista è ancora il gas, insieme ai disegni ENI sui biocarburanti. È una visione miope sul futuro energetico del Paese e sul concetto di transizione ecologica. Il suo unico obiettivo pare essere quello di trasformare l’Italia in un hub energetico del gas attraverso una cooperazione che passa dall’Africa e dalle fonti inquinanti, aumentando la dipendenza energetica del Paese”.

Queste le parole che si leggono sul comunicato stampa scritto congiuntamente dalle associazioni Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente, Wwf Italia: “il Piano Mattei puzza di gas”, scrivono.

“Una scelta insensata e anacronistica che sa di neocolonialismo, come è stato sottolineato anche in una lettera aperta della società civile africana. Inoltre, il Piano rischia seriamente di compromettere gli impegni esistenti per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e quelli presi nelle due ultime COP sul clima. A Dubai, tra l’altro, si è sancito l’impegno a una transition away from fossil fuels cioè la fuoriuscita da gas, petrolio e carbone: l’Italia dovrà dire in che modo intende procedere in tal senso”.

“Il Governo Meloni, inoltre, non sta neanche tenendo conto degli effetti che la crisi climatica sta avendo sulle migrazioni e questa continua ‘corsa ai fossili’ (gas e petrolio) in Africa da parte dell’Italia e di altre nazioni europee non fa che perpetuare l’emergenza climatica, così come la crisi alimentare e quella legata alla sicurezza, crisi che costringono le persone a migrare dall’Africa verso l’Europa”.

“La strada che l’Italia deve seguire – continuano le associazioni - è un’altra: è quella fondata sulle rinnovabili che devono rappresentare l’asse portante della politica di decarbonizzazione dell’Italia e sostituire le fonti fossili. Il Paese ha tutte le carte in regola per diventare l’hub delle energie rinnovabili puntando su fonti pulite, efficienza, reti e accumuli, ma perché ciò avvenga è necessario un approccio di leadership audace, innovativo e inclusivo e che punti anche a un aggiornamento ambizioso del Pniec (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, ndr) Per questo chiediamo un incontro all’Esecutivo Meloni per confrontarci sul tema e per presentarle il vero piano energetico green e sostenibile che serve al Paese”.

Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente, e Wwf Italia ricordano che, secondo l’International Energy Agency che ogni anno realizza un report dedicato agli sviluppi e alle politiche del settore energetico, nel 2025 le energie rinnovabili saranno la prima fonte di elettricità al mondo. “Il sorpasso sul carbone è ormai quasi fatto - si legge nel comunicato stampa - Le fonti rinnovabili prese in esame dallo studio sono l’energia solare, l’eolica e l’idroelettrica. Nel 2023, se considerate tutte e tre insieme, hanno prodotto il 30% dell’elettricità mondiale e si prevede che la percentuale salirà fino al 37% nel 2026”.

“Dati importanti su cui il Governo dovrebbe prestare attenzione invece di continuare a sussidiare le fonti fossili, in linea con il precedente esecutivo e a concentrarsi sulla costruzione di nuove infrastrutture, cosiddette strategiche soprattutto per il gas. Nel 2022 i sussidi alle fonti fossili sono più che raddoppiati arrivando, secondo l’ultimo report Legambiente, a quota 94,8 miliardi con i decreti per l’emergenza bollette causata dalle speculazioni sul gas. Inoltre, si sta cercando di realizzare altri rigassificatori a terra a Gioia Tauro e Porto Empedocle, oltre a quelli galleggianti di Piombino e Ravenna, che sono stati autorizzati incredibilmente in sei mesi, mentre un impianto eolico impiega mediamente 6 anni”.

“Una strada totalmente sbagliata segnata anche dai ritardi - spiegano le associazioni - che il Paese ha accumulato sul fronte delle politiche climatiche e che sono costati all’Italia il 44° posto nella classifica del Germanwatch, perdendo ben 15 posizioni rispetto al 2022”.

Leggi anche