Diritti

Cop29: nessuna donna nel comitato organizzativo

Secondo la campagna She Changes Climate, la scelta dell’Azerbaigian (che ospiterà la prossima Conferenza) rappresenta un passo indietro “nel viaggio verso la parità di genere”, perché “il cambiamento climatico colpisce il mondo intero, non la metà”
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16 gennaio 2024 Aggiornato alle 18:00

Uno sgradevole passo indietro per un vertice che dovrebbe decisamente guardare avanti. Il cammino verso la Cop29 in Azerbaigian, la futura Conferenza delle parti sul clima, è appena iniziato ma è già carico di una serie di ostacoli poco incoraggianti.

Ci sono, per esempio, segnali negativi legati all’addio alle fonti fossili, visti gli interessi nell’aumentare la produzione di petrolio e gas da parte della Capitale Baku, così come le prime incertezze sul futuro presidente della conferenza, quel Mukhtar Babayev che per 26 anni è stato manager della compagnia petrolifera statale Socar.

Un altro segnale che sembra guardare più al passato che al futuro arriva ora dalle nomine del comitato organizzatore della Cop29: tra i 28 membri non c’è nemmeno una donna.

La decisione è stata annunciata dal presidente azero Ilham Aliyev. Una scelta che stupisce in una Conferenza che, soprattutto negli ultimi anni, sta tentando di colmare diversi tipi di disuguaglianze, da quelle sociali a quelle di genere, passando ovviamente per quelle climatiche. Oltretutto la Cop28 di Dubai, seppur presieduta da un petroliere, Sultan Al Jaber, aveva scelto un comitato organizzatore composto (negli Emirati Arabi, un Paese dove ancora molti diritti non sono tutelati) al 63% proprio da donne.

Una decisione, quella di Baku, definita come “regressiva” dal gruppo della campagna She Changes Climate che ha affermato che “il cambiamento climatico colpisce il mondo intero, non la metà” e ha ricordato l’importanza e la necessità di includere le donne nelle strutture di vertice. A livello di scelte, per la Cop29, all’interno del comitato organizzatore sono stati promossi soprattutto ministri o funzionari governativi.

Sempre secondo She Changes Climate la composizione del comitato “è un passo regressivo nel viaggio verso la parità di genere nel clima; ma c’è ancora tempo per cambiare. Chiediamo una pari rappresentanza nella governance dei colloqui sul clima di quest’anno” ha spiegato la campagna, aggiungendo la necessità di escludere, dai vertici della Cop29, figure legate all’industria del fossile per garantire “l’integrità ambientale” che rimane “una preoccupazione per noi e per molte organizzazioni della società civile”.

Il tema legato all’addio ai combustibili fossili, nonostante la scelta di Baku (che esporta petrolio e gas in varie zone del mondo) sia stata fortemente contestata dagli attivisti, rimane centrale nel programmare la futura Cop, in un 2024 che potrebbe essere, tra crisi del clima ed effetti di El Niño, un anno ancora più caldo del 2023, il più bollente della storia.

Di pari passo, è fondamentale per molti delegati e rappresentanti, oltre che per le Ong e i gruppi ambientalisti, una maggiore partecipazione delle donne sia nei processi organizzativi che negoziali della Conferenza. Osservare come nel comitato appena scelto ci sia una assenza totale di donne, per molti addetti ai lavori è un pessimo indicatore: un 28-0 in cui la partita per il clima parte già in svantaggio.

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