Economia

Usa: raggiunto il record della produzione di petrolio

La produzione è di 13,2 milioni di barili di greggio al giorno, superando quella di Russia e Arabia Saudita e generando entrate pari a 87,7 miliardi di dollari grazie all’esportazione
Credit: Tom Fournier  

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11 gennaio 2024 Aggiornato alle 09:00

In un momento in cui l’emergenza climatica si fa sempre più forte e all’indomani della Cop28 di Dubai, gli Stati Uniti continuano a produrre più petrolio che mai, superando il valore raggiunto tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, sotto la guida dell’ex Presidente Donald Trump, ovvero di 13 milioni di barili ogni giorno.

Si è arrivati, infatti, alla produzione di 13,2 milioni di barili al giorno superando i principali produttori di petrolio quali Russia e Arabia Saudita e indebolendo l’Organizzazione dei Paesi Esportatori del Petrolio (Opec). Si prevede un incremento della produzione anche per il 2024, quando la domanda globale sarà destinata ad aumentare sensibilmente.

Non solo produzione, ma anche l’esportazione corre: nei primi nove mesi del 2023 sono stati esportati 4 milioni di barili di greggio al giorno, registrando un aumento del 20% rispetto allo stesso periodo del 2022. Incremento che si riflette anche dal punto di vista economico: si sono registrate entrate pari a 87,7 miliardi di dollari tra gennaio e settembre 2023.

Tutto ciò ha, ovviamente, contribuito a mantenere relativamente bassi i prezzi della benzina, che negli Stati Uniti ha raggiunto un valore medio di 3,08 dollari al gallone, e del greggio soprattutto a seguito degli attacchi ripetuti nel Mar Rosso che rischiano di portare a un aumento generalizzato dei prezzi dell’energia e a un incremento dell’inflazione.

Se, da un lato, tutto questo potrebbe aiutare il Presidente Joe Biden a mantenere la sua carica alle elezioni presidenziali del 2024, dall’altro si acuiscono ancor di più i contrasti con gli attivisti climatici, con i quali i rapporti hanno iniziato a vacillare a seguito dell’approvazione del Willow Project nel 2023.

Si tratta di un progetto decennale di trivellazione petrolifera sul versante nord dell’Alaska – zona ricca di petrolio – che prevede tre piattaforme di perforazione. Secondo le stime, attraverso questo progetto si genererebbero emissioni di anidride carbonica pari a 9,2 milioni di tonnellate all’anno, contrastando fortemente la transizione energetica decantata dall’amministrazione statunitense.

I gruppi ambientalisti hanno criticato fortemente il Presidente Biden, considerando l’approvazione di tale progetto altamente incoerente rispetto agli obiettivi dichiarati dal Governo in materia di ambiente e clima. Forse è anche per questo motivo che Biden ha deciso di proseguire sulla via del silenzio per quanto riguarda l’aumento della produzione petrolifera statunitense.

Già da tempo, infatti, gli attivisti climatici hanno chiesto Biden di opporsi in maniera decisamente più forte e aggressiva alla produzione dei combustibili fossili. Ma questo atteggiamento bidirezionale potrebbe, a lungo andare, danneggiare la credibilità del Presidente degli Stati Uniti. E le conseguenze sono evidenti già da adesso.

Secondo gli ultimi sondaggi, infatti, il 57% degli statunitensi disapprova il modo in cui Biden ha gestito la politica climatica, compreso il 59% degli elettori di età compresa tra i 18 e i 29 anni, che risultano i più interessati alla tematica.

Inoltre, il 71% dei cittadini statunitensi ha affermato di aver soltanto letto o sentito parlare molto poco dell’Inflation Reduction Act, la principale legislazione sulla politica climatica firmata da Biden ad agosto 2022.

E, per la prima volta, nelle proiezioni sulle elezioni presidenziali 2024 è stato superato da Donald Trump con uno scarto di quattro punti percentuali, raggiungendo il minimo dei consensi dall’assunzione della carica.

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