Ambiente

Alla scoperta di Sellafield, dove anche il lavoro è “tossico”

Una nuova inchiesta di The Guardian ha fatto emergere la cultura insostenibile del lavoro che potrebbe causare incidenti nel deposito di scorie radioattive più grande d’Europa
Credit: Michael Debets/Pacific Press via ZUMA Wire
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11 dicembre 2023 Aggiornato alle 20:00

In questi giorni, mentre i leader della Cop28 anelavano al rilancio del nucleare, è balzata agli onori delle cronache la notizia di una perdita di materiale radioattivo nel sito britannico di Sellafield, che si occupa di stoccaggio e smaltimento da decenni.

Si tratta del più grande deposito europeo di scorie, anche italiane, e di plutonio in particolare.

La sua storia, fino ai giorni nostri, è costellata di incidenti, incendi e presunti attacchi hacker, che hanno alimentato la sua fama di luogo molto pericoloso e aumentato i timori nei confronti della sicurezza internazionale.

Ora, dopo un anno di ricerche, l’inchiesta “Nuclear Leaks” di Alex Lawson a Anna Isaac su The Guardian punta i riflettori su questo impianto, definendolo il sito «più tossico d’Europa», anche attraverso i pareri di alcuni dei suoi 11.000 lavoratori che lo descrivono come un «pozzo senza fondo di inferno, denaro e disperazione», oltre che come «una Narnia nucleare». A difendere Sellafield resta la contea della Cumbria, alla quale l’impianto offre una fiorente economia e opportunità di lavoro a intere famiglie per generazioni, mentre nella zona il tasso di suicidi è più alto del 50% rispetto alla media inglese.

La tossicità non è solo nelle scorie ma è anche quella della cultura del lavoro malsana che avvolgerebbe da sempre lo stabilimento.

A denunciarlo è una dozzina di attuali ed ex dipendenti in uno dei filoni dell’indagine giornalistica, arrivando a prospettare che episodi di bullismo, molestie sessuali, razzismo e misoginia, oltre a casi di utilizzo di droghe, possano mettere a rischio la sicurezza - proprio come accaduto nei disastri nucleari di Chernobyl nel 1986 e Fukushima nel 2011 - facendo aumentare le probabilità di incidenti, sabotaggi, suicidi e terrorismo.

Dai racconti delle persone emergono alcuni dettagli. Il dipartimento delle risorse umane del sito manterrebbe un approccio “bully, break, bribe”, letteralmente “bullo, pausa, tangente”, nella gestione dei lavoratori che osano sollevare preoccupazioni sui colleghi e sulla sicurezza.

Le ricerche di Lawson e Isaac avrebbero riscontrato più di un suicidio legato a pressioni subite nell’ambito del proprio impiego, testimonianze relative a violenze sessuali e infine casi di membri del personale che portano regolarmente cocaina con sé nell’impianto, tenendo da parte campioni di urina non contaminata per aggirare i test antidroga casuali.

I medici del lavoro inoltre hanno rilevato un alto numero di gravi episodi di malattia mentale e tentativi di suicidio.

Sellafield Ltd ha prontamente risposto all’inchiesta: «Siamo incredibilmente orgogliosi della nostra forza lavoro di livello mondiale e non riconosciamo l’opinione del Guardian come davvero rispecchiante la cultura di Sellafield oggi.

Gran parte dei commenti del Guardian si basa sulle opinioni di un ex appaltatrice, Alison McDermott, assunta da Sellafield Ltd per un totale di 21 giorni nel 2018. Il suo contratto è stato legalmente rescisso a causa di problemi di prestazioni. Questa è stata la sentenza dell’Employment Tribunal, poi confermata in appello. Siamo aperti sulle questioni storico-culturali e ci siamo concentrati su di esse».

McDermott ha spiegato di essere stata licenziata dopo aver detto ai manager che doveva essere condotta un’indagine sulle accuse di molestie sessuali e su un successivo insabbiamento.

La società si affretta quindi a ribadire come non esista alcun rischio per la sicurezza pubblica che sia legato a questi temi e continua: «La salute mentale e il suicidio sono complessi e colpiscono persone di tutti i ceti sociali. Ogni suicidio è una tragedia per tutti coloro che ne sono toccati. Non ci risulta che sia stato stabilito alcun legame tra il lavoro a Sellafield e l’aumento del rischio di suicidio. Nessuna autorità pubblica ha mai sollevato un legame tra il lavoro a Sellafield e l’aumento del rischio di suicidio. Non ci sono prove di una prevalenza insolitamente alta di suicidi tra la nostra forza lavoro. Ci sono anche riferimenti a aggressioni sessuali e molestie nel reportage di The Guardian. Abbiamo chiesto al Guardian le prove per indagare in quanto non siamo a conoscenza delle specifiche di queste affermazioni. The Guardian non le ha fornite. Esortiamo chiunque sia a conoscenza di queste affermazioni a fornire dettagli in modo da poter agire».

Pare però che la Cumbria sia diventata una sorta di bolla isolata in cui è difficile far davvero emergere queste problematiche, soprattutto a causa della paura di perdere occasioni di lavoro.

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