Diritti

Le donne non ce la fanno più (e non sanno più come dirlo)

Nel 2022 il 73% delle dimissioni volontarie dal lavoro è arrivato da donne, spesso a causa del sovraccarico dato dal lavoro fuori casa e da quello di accudimento dei figli. E mentre anche gli asili nido sono una chimera, nessuno le ascolta
Credit: cottonbro studio
Azzurra Rinaldi
Azzurra Rinaldi economista
Tempo di lettura 4 min lettura
8 dicembre 2023 Aggiornato alle 06:30

E anche oggi, questo straordinario Paese nel quale viviamo ci riserva una sorpresa. Proprio la scorsa settimana, qui su La Svolta, scrivevo di asili nido. O meglio, della loro mancanza, che in alcune aree d’Italia (leggi: Meridione) è drammatica. Ma anche della fatica di continuare a scriverne, a promuovere appelli, a fornire evidenza empirica, dati alla mano, di quanto questa assenza pesi sulle donne, sulla loro possibilità di lavorare e, di conseguenza, di guadagnare (fattore questo non secondario, che ne ridurrebbe le probabilità di ritrovarsi in condizioni di dipendenza economica).

E invece, siamo di nuovo qui, a leggere i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che ci lasciano, ancora una volta, sconsolate ma non stupefatte.

Arrivo con un dato su tutti: nel 2022, il 73% delle persone che si sono dimesse volontariamente dal proprio lavoro sono donne. Il 73%.

Ma non basta perché per il 63% di loro, le dimissioni sono diretta conseguenza del sovraccarico dato dal combinato disposto del lavoro retribuito con il lavoro di cura non retribuito. A indicare la fatica derivante dalla cura dei figli come motivazione per le proprie dimissioni è invece solo il 7,1% dei padri. Dieci volte di meno (essendo generose).

E noi lo troviamo del tutto normale. Volete anche sapere qual è la principale motivazione per la quale gli uomini si dimettono? Nel 79% dei casi, perché passano a un’altra azienda.

La vedete la differenza, no? Non è che smettano di lavorare: cambiano lavoro, magari andando alla (sacrosanta) ricerca di maggiore soddisfazione, anche economica. Le donne, invece, escono dal mercato del lavoro per prendersi cura. Alcune di loro magari sperano di rientrarvi. Ma la verità è che per moltissime di loro non avverrà mai.

Oggi insisto particolarmente sui dati, cosicché poi nessuna e nessuno possa dire che non lo sapeva. Le donne lo dicono quanto sono stanche, gridano la propria fatica e le proprie difficoltà, chiedono aiuto. È solo che è sempre la stessa storia: non vengono credute, vengono sottovalutate, non vengono ascoltate.

Cos’è se non un grido di aiuto, questo dato? Oltre il 32% delle donne che si sono dimesse attribuisce le proprie dimissioni alla mancanza di asili nidi, ma anche al fatto che, anche quando ci sono, i prezzi siano troppo alti.

Ma succede a tutte, eh? Si dimettono anche le donne nei ruoli apicali. Secondo il report, a farlo sono più dirigenti donne che uomini (rispettivamente, 410 contro 326). Anzi, nella pubblicazione si legge proprio che “si deduce pertanto che la qualifica professionale non costituisce un deterrente all’uscita dal mercato del lavoro in condizione di genitorialità”. Quindi, che tu studi oppure no, che investa sulla tua crescita professionale oppure no, quando diventi mamma, mamma è tutto quello che diventi. E, in un modo o nell’altro, il sistema ti rimette lì, al tuo posto. Se non sono le aspettative sociali, è la mancanza dei nidi.

Ora, noi siamo un Paese che si autoassolve, che non fa autocritica, che ama la semplificazione anche e soprattutto rispetto a temi complessi. E che però, di conseguenza, non costruisce strumenti per affrontare e gestire la complessità. Cos’altro potrebbe mai servire per smuovere qualche coscienza, anche a livello istituzionale? Perché in Italia si succedono governi di diverso colore politico, ma accomunati tutti da un malcelato disinteresse nei confronti delle donne, della loro voce, delle loro competenze e delle loro richieste? Chi altri è necessario che ne parli e ne scriva? Non è certo l’umile economista femminista a ritenere di poter raddrizzare la traiettoria, ma se non riescono nemmeno istituti come l’Inps, l’Inpdapp o l’Inl con i loro dati e le loro ricerche, chi potrà mai farlo?

Ma diciamoci la verità: a chi interessa che le cose cambino? Chi vuole davvero che le donne escano di casa per guadagnarsi uno stipendio ed essere libere? Del resto, che le donne stiano a casa senza stipendio e quindi senza soldi è tradizione. E a questo Paese alcune tradizioni sono sempre state molto care.

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