Futuro

Usa: multe e sospensioni per gli avvocati che utilizzano l’AI

Alcuni legali statunitensi si sono affidati a ChatGPT per risparmiare tempo e alleggerire il proprio carico di lavoro. Tuttavia, l’intelligenza artificiale ha creato casi errati e fittizi
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1 dicembre 2023 Aggiornato alle 09:00

È ormai chiaro che l’intelligenza artificiale cambierà il mondo del lavoro; resta da capire, ora, se in meglio o in peggio, in particolare nel mondo della giurisprudenza dove, diversamente da quanto previsto, la professione legale non è ancora stata completamente sostituita dall’AI. Tuttavia, il rapporto di Goldman Sachs di aprile ha stimato che il 44% dei posti di lavoro legali potrebbe essere sostituito da intelligenza artificiale.

Nel mentre negli Usa qualcuno ha provato a usare ChatGPT (ma con pessimi risultati) come riportato dal Washington Post. Il caso riguarda Zachariah Crabill, giovane avvocato: quando i suoi capi gli hanno chiesto un ulteriore impegno sul lavoro, non ha visto altra via di salvezza che in ChatGPT. Crabill ha dichiarato: «Ero eccitato per il mal di testa che mi ha evitato». Peccato però che tutto sia durato molto poco. Infatti la Corte, analizzando la mozione della causa civile presentata a maggio, non ci ha messo molto a scoprire che qualcosa non andava.

Dopo aver infatti ammesso l’uso della tecnologia, a luglio un giudice ha ordinato a Zachariah Crabill una sospensione dalla professione di un anno per “aver citato la giurisprudenza trovata attraverso la piattaforma di intelligenza artificiale ChatGPT”, che ha prodotto casi errati e fittizi.

Sembra infatti che l’avvocato non abbia verificato, per mancanza di tempo dovuta alla pressione dei capi, i casi citati nel testo prodotto dall’AI ma questo, dichiara Crabill, ha evidenziato le sfide dell’integrazione di strumenti di intelligenza artificiale in una professione come quella forense.

I legali, soprattutto negli Usa, utilizzano già strumenti linguistici dell’AI per setacciare migliaia di documenti. Il problema risiede nel come l’intelligenza artificiale venga utilizzata. Infatti bisogna sottolineare che alcuni dispositivi AI sono “inclini” a fabbricare fatti, portando al licenziamento, come accaduto a Crabill, o a multe nei confronti di alcuni avvocati. Per questo l’American Bar Association ha organizzato un gruppo di lavoro per comprendere gli impatti dell’AI sulla pratica legale.

Nel mentre, i casi di uso non corretto e controllato dell’AI nel mondo della giurisprudenza sono sempre più numerosi: in primavera Lydia Nicholson, avvocatə immobiliare di Los Angeles (che ha scelto di utilizzare i pronomi they/them), ha ricevuto un documento relativo al caso di sfratto di un cliente. Analizzando bene i riferimenti, Nicholson si è resə conto che molti di questi erano falsi. Altri colleghi hanno così condotto un’analisi sul documento e si giunti alla conclusione che quei file potevano essere «qualcosa che l’AI avrebbe potuto realizzare». Nicholson ha presentato una mozione contro lo Studio legale che ha usato l’intelligenza artificiale e un giudice, dopo un’indagine indipendente, ha emesso il verdetto: una multa di 999 dollari.

Suresh Venkatasubramanian, informatico e direttore del Center for Technology Responsability, Reimagination, and Redesign, sostiene che «ciò che è sorprendente è che l’AI non produce mai qualcosa di accurato (…) non è quello per cui è stata pensata»; ma piuttosto per fare conversazione, essendo stata addestrata su grandi quantità di testi pubblicati.

In questo modo quando viene chiesto all’AI di creare documenti legali il risultato è un testo privo di fondamenti poiché i riferimenti possono essere mischiati tra loro inventando commi e leggi inesistenti.

Per questo i giudici americani stanno affrontando il problema di sistemi come ChatGPT: alcuni stanno vietando l’uso dell’AI in aula di tribunale, altri stanno chiedendo agli avvocati di firmare documenti che attestino l’uso o meno dell’AI nel loro lavoro, altri stanno valutando una proposta per far richiedere ai legali il permesso dei clienti a utilizzare l’intelligenza artificiale.

La strada della legge sull’uso dell’AI, anche in campo legale, è tutta da scrivere, ma forse proprio Crabill ha ragione quando dichiara che «non ha senso essere contro qualcosa che invariabilmente diventerà la via del futuro».

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