Economia

Private equity: aziende e investitori insieme verso un unico obiettivo

Dopo la grande crescita del 2022, l’Aifi evidenzia nei primi sei mesi del 2023 un assestamento degli investimenti di private equity. Ma di cosa si tratta? E a cosa serve?
Tima Miroshnichenko
Tima Miroshnichenko Credit: Tima Miroshnichenko
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30 novembre 2023 Aggiornato alle 14:00

Quando parliamo di private equity facciamo riferimento a una tipologia di investimenti effettuati da investitori privati (come ci suggerisce il nome stesso) che apportano il proprio capitale all’interno di aziende, generalmente non quotate in borsa, che hanno ottime potenzialità di sviluppo.

L’obiettivo delle imprese è quello di accedere a dei finanziamenti che utilizzano canali esterni al sistema bancario tradizionale. Gli investitori, invece, hanno come obiettivo quello di far crescere le aziende nelle quali investono per ottenere in futuro cospicui dividendi.

Tuttavia, come evidenzia anche l’analisi dell’Aifi - Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt - in collaborazione con Mindful Capital Partners dal titolo Valorizzare il Capitale Umano, il concetto di private equity va ben oltre l’azione dell’investitore di “mettere i soldi” all’interno di una realtà imprenditoriale.

La ragione è evidente se pensiamo all’interesse primario del finanziatore di ottenere una remunerazione. Perché questo avvenga è indispensabile che l’azienda riesca a sviluppare il proprio business sfruttando i propri punti di forza.

Un elemento chiave sarà, quindi, quello di riuscire a coniugare l’ingresso degli investitori con il capitale umano e le competenze già presenti all’interno dell’azienda, proprio perché come evidenzia Lorenzo Stanca, Fondatore di Mindful Capital Partners, ci deve essere una condivisione alla base circa i ruoli che devono essere ricoperti nell’azienda e le caratteristiche di ognuno di essi.

Non è un caso che in presenza di un’operazione di private equity i ruoli che vengono più frequentemente rivisti e ridisegnati sono quelli del Cfo, del Responsabile commerciale e del Capo della produzione.

Frequente è anche la revisione e l’introduzione di nuovi manager i quali hanno un ruolo primario nella crescita e nella coniugazione delle varie figure all’interno dell’impresa.

L’indagine di Aifi e Mindful Capital Partners sottolinea come nella ristrutturazione aziendale, tanto in operazione di early stage (ovvero di aziende in fase di sviluppo) che di turnaround (ovvero di imprese vicine al fallimento e che necessitano di essere risanate), il primo passo è legato alla riorganizzazione del personale.

Quando si intende espandere il business di un’azienda è, generalmente, previsto un piano di assunzioni, se invece si parla di turnaround spesso ci si trova a dover ridurre i propri dipendenti per permettere all’azienda di tagliare i costi da sostenere.

In ogni caso, i dati ci dicono che di fronte a un investimento di private equity di media il personale aumenta dell’8%, una percentuale che sale fino al 35% per le imprese di piccole e medie dimensioni. Non solo, le assunzioni vedono una preferenza verso lavoratori laureati (quindi maggiormente preparati) e contribuiscono a accrescere la parità di genere: le dipendenti donna aumentano in media dell’11% (del 39% nelle Pmi) e hanno più possibilità di ricoprire cariche apicali e di responsabilità.

Più della metà delle imprese coinvolte nell’indagine ha attivato in seguito all’ingresso nell’azienda di investitori privati dei corsi di formazione per i lavoratori, tra i più gettonati ci sono i corsi tecnici, di informatica e corsi per l’acquisizione delle soft skills.

Ad aumentare sono anche i benefits: è il 24% delle imprese a campione che dichiara di aver introdotto delle iniziative a favore dei propri collaboratori. Tra le misure di welfare principali abbiamo i fringe benefits, l’assistenza sanitaria e piani a sostegno della famiglia.

Nei primi sei mesi del 2023 si è registrata una diminuzione degli investimenti di private equity rispetto al 2022. Una frenata che in realtà rappresenta, almeno in parte, un assestamento in seguito al boom dell’anno precedente, ma che mantiene comunque un ampia vivacità rispetto al pre-pandemia.

Difatti, se nel 2022 gli investimenti erano cresciuti del 61%, nel primo semestre del 2023 il calo è pari al 71% passando da quasi 11 miliardi di euro investiti nei primi mesi del 2022 a poco più di 3 miliardi di euro dello scorso giugno.

Se si guarda al numero di operazioni portate a termine in realtà l’anno in corso è in lieve crescita, a diminuire, difatti, è l’importo stesso delle operazioni, come evidenzia il report dell’Aifi in collaborazione con l’azienda di consulenza PwC.

Per esempio, le operazione di grandi dimensioni (ovvero quelle superiori ai 150 milioni di euro) sono state quest’anno pari a tre, a giugno 2022 se ne contavano già otto.

Allo stesso modo analizzando le varie tipologie si riscontra un incremento del 10% tra il numero di investimenti di venture capital (investimenti in imprese nella prima fase di vita), seppur con un importo più basso (-7%), mentre le operazioni di buyout (che prevedono l’acquisizione di quote totalitarie o maggioritarie) segnano una risposta negativa sia nella quantità (-14%) che nell’ammontare (-39%), quelle in expansion (investimenti di minoranza in aumento di capitale finalizzati alla crescita dell’azienda) salgono in entrambi i casi (rispettivamente del 20% e del 13%).

Dopo due anni di forte crescita il mercato degli investimenti privati è, dunque, in fase di rallentamento, complice l’innalzamento dei tassi d’interesse e la forte instabilità che pesa soprattutto sui deal di grandi dimensioni. Tuttavia, il private equity rimane un asset strategico estremamente interessante per le imprese in diverse fasi di vita e di diverse dimensioni che può incentivare la crescita delle aziende sia da un punto di vista finanziario che di business.

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