Diritti

Giornalisti e querele: l’Italia al 1° posto

Seguono Spagna e Grecia, rivela lo studio Open SLAPP Cases in 2022 and 2023 commissionato dal Parlamento europeo, che ha esaminato 47 casi con 102 soggetti coinvolti
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Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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15 novembre 2023 Aggiornato alle 16:00

Nella classifica dei Paesi Ue che tra il 2022 e il 2023 hanno avviato il maggior numero di azioni legali per intimidire giornalisti, redazioni, Ong, attivisti, editori, l’Italia conquista la medaglia d’oro, con il 25,5% dei casi totali. Lo rivela lo studio svolto su incarico della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) del Parlamento europeo per analizzare i casi e le minacce SLAPP avviati nel 2022 e 2023.

SLAPP sta per Strategic Lawsuit Against Public Participation, ovvero: causa strategica contro la partecipazione pubblica. Si tratta di azioni legali o minacce di azioni legali “che comportano un abuso di processo o di diritto in questioni che riguardano l’esercizio da parte dell’imputato del diritto alla partecipazione pubblica su una questione di interesse pubblico”, spiega il rapporto.

Cause civili e querele penali sporte senza che vi fossero i necessari presupposti, volte a impedire la pubblicazione di notizie non gradite: la ricerca fornisce un’analisi dettagliata degli argomenti di interesse pubblico associati alle azioni legali o alle minacce legali identificate, le implicazioni transfrontaliere della questione di interesse pubblico oggetto della controversia e, per quanto possibile, informazioni sulle vittime, la causa dell’azione e le tattiche di contenzioso adottate. “È sempre più evidente che le SLAPP rappresentano una minaccia per la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani e il corretto funzionamento dell’Unione europea”, secondo Libe.

Tra il 1° gennaio 2022 e il 31 agosto 2023 sono stati identificati 47 casi che hanno coinvolto un totale di 102 imputati. I parametri di ricerca erano le azioni o le minacce legali avviate negli Stati membri dell’Unione europea contro gli attori della società civile che denunciavano una questione di interesse pubblico che includeva uno o più indicatori di abuso. I ricorrenti più comuni sono stati personaggi politici e funzionari pubblici (42,6%), seguiti da aziende (21,3%), professionisti legali (10,7%), altri individui (8,5%), società civile (6,4%), partiti politici (4,2%), amministrazioni locali (4,2%) e Stati (2,1%).

La maggioranza relativa degli imputati era costituita da singoli giornalisti (44,1%), che, talvolta, sono stati presi di mira anche quando la pubblicazione era affidata a un organo di informazione: non è raro, spiega la ricerca, che sia il media che il singolo giornalista siano coinvolti nella stessa azione legale. Il secondo posto è, appunto, occupato dai media (28,4%), mentre i caporedattori o i direttori rappresentano il 7,8%. Le organizzazioni non governative hanno rappresentato il 13,7%. Il resto degli imputati erano editori (3%), seguiti da attivisti (1%), fonti giornalistiche (1%) e altri individui (1%).

Dopo l’Italia, a 8 punti percentuali di distanza, c’è la Spagna (17%), seguita dalla Grecia (12,8%), che hanno registrato rispettivamente il secondo e il terzo numero di casi. Al quarto e quinto posto si attestano Francia e Bulgaria, con il 10,6% dei casi. Il resto delle cause è stato presentato in Irlanda (6,4%), Polonia (4,3%), Croazia (4,3%), Austria (4,3%), Slovacchia (2,1%) e Ungheria (2,1%).

La maggior parte delle richieste di risarcimento sono state fondate sulle leggi civili sulla diffamazione, pari al 74,5% dei casi totali, mentre la violazione dei segreti commerciali ha rappresentato il 2,1% dei casi segnalati. La diffamazione penale ha raggiunto il 14,9% dei casi, mentre altri reati penali hanno incluso la violazione della privacy (2,1%), l’indecenza penale (2,1%), i crimini d’odio (2,1%) e il reato di offesa al sentimento religioso (6,3%).

Le notizie riguardavano soprattutto questioni di interesse pubblico: i 47 casi individuati hanno toccato oltre 80 temi del genere, come la corruzione (40,4%), gli appalti pubblici (2,1%), la giustizia penale e il sistema giuridico (23,4%), i diritti del lavoro (6,4%), l’edilizia sociale (2,1%), la migrazione (8,5%), la fiscalità (4,3%), la criminalità organizzata (12,8%), la finanza (3%). In particolare, le inchieste hanno affrontato temi come gli scioperi dei lavoratori senza documenti sulle condizioni di lavoro, la guerra russa contro l’Ucraina, la gestione della pandemia Covid-19, l’uso del software spia Pegasus, le condizioni carcerarie, la cattura dei media, i reati sessuali e l’inquinamento nel settore estrattivo.

L’analisi ha individuato 5 tattiche di contenzioso: azioni legali multiple, obiettivi multipli, danni eccessivi e richieste di danni morali. Il 74,5% dei casi ha preso di mira un individuo, mentre il 44,7% dei casi ha preso di mira più persone fisiche o giuridiche e il 10,6% ha riguardato più cause riguardanti la stessa questione di interesse pubblico.

La ricerca si è basata su 3 database: la piattaforma per la sicurezza dei giornalisti del Consiglio d’Europa, Mapping Media Freedom e il database SLAPP del Business and Human Rights Resource Centre. Sono stati presi in considerazione anche i rapporti della Coalition Against SLAPPs in Europe (Case), una coalizione di organizzazioni non governative di tutta Europa unite nel riconoscimento della minaccia al controllo pubblico data dalle SLAPP. Tuttavia, spiega il rapporto, “non è possibile cogliere l’intera portata del fenomeno, dal momento che i ricorrenti cercano di risolvere le questioni in una fase pre-giudiziaria, senza che vi sia un controllo pubblico: “ne consegue che la nostra analisi può riferirsi solo alla parte di SLAPP che viene denunciata”.

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