La metà del mondo sta vivendo un calo democratico
Secondo The Global State of Democracy 2023, il rapporto annuale del think tank International Institute for Democracy and Electoral Assistance - Idea, la democrazia sta attraversando la recessione più lunga che l’organizzazione abbia mai registrato da quando ha iniziato a raccogliere i dati nel 1975. “Le basi della democrazia si stanno indebolendo in tutto il mondo”, spiega l’organizzazione intergovernativa con sede a Stoccolma.
Il 2022 è stato il 6° anno consecutivo in cui i Paesi esaminati hanno registrato cali netti nei processi democratici (che si sono tradotti in elezioni irregolari, limitazioni dei diritti come la libertà di espressione e di riunione, diminuzione dell’uguaglianza dei gruppi sociali e molto altro) rispetto a miglioramenti netti. In 85 Stati, quasi la metà di quelli presi in considerazione, è stato registrato un calo in almeno uno degli indicatori della performance democratica (rappresentanza, diritti, stato di diritto e partecipazione).
Quest’anno, spiegano i ricercatori, “abbiamo incluso classifiche globali annuali delle prestazioni dei Paesi per ciascuna categoria di performance democratica piuttosto che classificare i regimi su base generale”. L’Idea basa i suoi Indici sullo stato globale della democrazia su oltre 100 variabili.
Tra quelli che hanno registrato il maggior numero di peggioramenti negli ultimi 5 anni, l’istituto ha rilevato Benin, Burkina Faso, Ciad, Guinea, Mauritius e Tunisia nel continente africano; Bielorussia in Europa; El Salvador e Nicaragua nelle Americhe; Afghanistan e Myanmar in Asia e nel Pacifico. Tra gli Stati che hanno registrato un calo in almeno una delle categorie esaminate, troviamo anche Ungheria, Regno Unito, Canada, Brasile e Corea del Sud. L’Italia, rispetto allo scorso anno, ha perso una posizione nella classifica relativa alla partecipazione (da 8° a 9°), ne ha guadagnate 3 in quella della rappresentanza (da 17° a 14°) ed è rimasta stabile alla 14° e alla 35° posizione nel ranking relativo ai diritti e allo stato di diritto. L’Idea la inserisce nel gruppo di Paesi che hanno subito un’erosione del rispetto dei diritti fondamentali, comprese la libertà di espressione e la libertà di riunione, come accaduto anche in Senegal e Slovenia.
Tra i Paesi che hanno registrato il maggior numero di progressi negli ultimi 5 anni, l’International Institute for Democracy and Electoral Assistance ha individuato Etiopia, Armenia, Moldavia, Malesia e Maldive. Tuttavia, spiegano, “alcuni di questi progressi sono avvenuti in un contesto più ampio e difficile.
L’Idea ha individuato dei “germogli verdi”, soprattutto in Africa, in cui sono stati registrati tassi sorprendentemente alti di partecipazione politica e livelli di corruzione in diminuzione. La maggior parte dei Paesi delle Americhe è riuscita a tenere elezioni credibili e a registrare una performance media nelle categorie prese in consireazione.
L’Europa rimane la regione con risultati migliori, tuttavia alcuni Paesi hanno registrato un calo in alcune specifiche categorie: tra questi, oltre ai già citati Ungheria e Uk, troviamo Austria, Olanda, Polonia, Portogallo, Lussemburgo e Paesi Bassi. Azerbaigian, Bielorussia, Russia e Turchia si sono allontanate dal resto dell’Europa, con risultati nettamente inferiori alla media europea nella maggior parte degli indicatori di democrazia.
“In breve, la democrazia è ancora in difficoltà, nel migliore dei casi stagnante e in declino in molti luoghi”, ha scritto nel rapporto il segretario generale dell’Istituto Kevin Casas-Zamora. Secondo il think-tank “questo deterioramento è stato esacerbato dall’erosione dei ‘controlli ed equilibri’ formali – elezioni, parlamenti e tribunali – che hanno lottato per far rispettare la legge e chiedere conto ai politici”.
Molti Paesi ora “stanno lottando anche con gli aspetti fondamentali della democrazia - continua Casas-Zamora - ma mentre molte delle nostre istituzioni formali come le legislature si stanno indebolendo, c’è speranza che questi controlli ed equilibri più informali, dai giornalisti agli organizzatori elettorali e ai commissari anticorruzione, possano combattere con successo le tendenze autoritarie e populiste”.
L’Istituto ha spiegato che questo declino “arriva mentre la crisi del costo della vita, il cambiamento climatico e la guerra della Russia contro l’Ucraina pongono enormi sfide ai leader eletti”.