Futuro

A Singapore i terremoti si studiano in realtà virtuale

Grazie all’utilizzo della piattaforma “shake board”, che simula scosse sismiche, gli studenti dell’Università Nazionale del Paese asiatico vivono scenari come il crollo di edifici o il movimento delle placche terrestri
Valeria Pantani
Valeria Pantani giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
3 marzo 2022 Aggiornato alle 11:50

All’Università Nazionale di Singapore (NUS) le lezioni di geografia “prendono vita” grazie alla realtà virtuale, diventando più interattive e coinvolgenti. E instabili. Tutto avviene al dipartimento di Geografia dell’ateneo, dove lo studio dei terremoti non è più solo teorico, ma viene sperimentato direttamente dagli studenti. «L’ambiente di apprendimento basato sulla realtà virtuale - scrive la NUS - non solo colma una lacuna nell’educazione ai terremoti, dove il lavoro sul campo è limitato, ma simula anche i processi terrestri che portano ai terremoti, come i movimenti tettonici delle placche».

Il tutto avviene grazie all’utilizzo di una piattaforma (“shake board”) che simula la scossa. Durante l’esperimento, poi, vengono trasmessi alcuni scenari virtuali (come edifici che crollano o placche terrestri che si allontanano).

«Ciò è particolarmente illuminante per gli studenti di Singapore, dove i terremoti sono inesistenti», ha affermato il professore Feng Chen-Chieh del dipartimento di geografia. L’attuale lavoro sul campo, ha spiegato il professore, prevede l’osservazione di crepe o faglie terrestri: un’analisi sicuramente riduttiva se confrontata con l’esperienza di realtà virtuale.

Il progetto è stato finanziato dal NUS Learning Innovations Fund-Technology (LIF-T), un fondo tecnologico per l’innovazione nel campo dell’apprendimento. «Il nostro obiettivo è migliorare le esperienze dei nostri studenti, aggiungendo un tocco di realismo a concetti di scienze della terra che a volte possono essere difficili da visualizzare», ha spiegato il professore.

Se da una parte la realtà virtuale rende l’apprendimento più stimolante e reale, dall’altra può anche portare a piccole problematiche per gli studenti, quali vertigini, senso di disorientamento e perdita di concentrazione: una conseguenza abbastanza comune nel mondo della realtà virtuale, ma i ricercatori della NUS sono riusciti ad arginare il problema. Grazie all’aiuto di John Yap, del dipartimento di Tecnologia dell’informazione dell’università, Chen-Chieh è riuscito a superare questi ostacoli che, nello specifico, si sarebbero potuti verificare qualora il video avesse superato i 3 minuti.

Un aiuto nella realizzazione del programma è stato fornito anche dall’ingegneria meccanica, con il professor Marcelo e il dottor Lee, i quali hanno dato un contributo riguardo la percezione della realtà virtuale (durante l’esperimento, infatti, viene fornito sia un feedback percettivo che uno fisico).

Tra gli altri ostacoli incontrati, c’è stata la difficoltà di rappresentare correttamente la formazione delle dorsali oceaniche. «Nessuno l’ha visto nella realtà - ha spiegato Chen-Chieh - quindi abbiamo dovuto immaginare come appaiono sulla base dei materiali pubblicati». Inoltre, lo scenario doveva essere il più chiaro possibile (così da facilitarne la comprensione per gli studenti) ma anche coinvolgente.

Il prossimo passo per l’università è la valutazione di questo nuovo metodo di insegnamento: sarà efficace nel migliorare l’apprendimento delle scienze della terra? Mentre si attende una risposta, il team della NUS ha già in mente di espandere il programma, creando nuove simulazioni e scenari: tra le proposte, terremoti seguiti da tsunami.

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