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Chi era Viktor Smagin, uno degli eroi di Chernobyl

L’ingegnere ucraino, che si è tolto la vita la settimana scorsa, era stato tra i lavoratori che si impegnarono in prima persona per porre un freno al disastro di Chernobyl. In questo articolo ti raccontiamo la sua storia
Credit: moslenta / east2west news
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31 ottobre 2023 Aggiornato alle 13:00

Viktor Smagin si è suicidato all’età di 75 anni.

La sua storia e il suo tragico epilogo sono legati in maniera indissolubile all’incidente avvenuto nel 1986 nella centrale nucleare di Chernobyl.

Un evento che spaventò tutto il mondo e causò l’evacuazione della città ucraina di Pryapat in Ucraina.

All’epoca Smagin lavorava nell’impianto come ingegnere e decise di accorrere subito per evitare che i danni causati dall’incidente si aggravassero ulteriormente.

Le sue azioni gli hanno fatto guadagnare la fama di “eroe di Chernobyl”, ma gli hanno provocato continui problemi di salute, che alla fine l’hanno spinto a togliersi la vita.

Il ruolo di Smagin nella gestione del disastro di Chernobyl è stato molto importante.

Il 26 aprile 1986, giorno del disastro di Chernobyl, avrebbe dovuto recarsi a lavorare nell’impianto alle 8 di mattina, ma vedendo di notte il fumo dovuto all’esplosione del reattore numero 4 della centrale, decise di recarsi subito sul posto per aiutare a contenere i danni.

Nel corso di quelle ore Smagin cercò di porre un freno alle fiamme insieme agli altri lavoratori che si trovavano nell’impianto. «All’interno degli edifici la gente combatteva il fuoco. Non c’era panico, ognuno stava semplicemente facendo il proprio lavoro. Il personale ha spento l’incendio e ha drenato l’olio in contenitori sotterranei; gli elettricisti hanno scaricato l’idrogeno. Molti di coloro che hanno salvato la stazione hanno ricevuto dosi letali di radiazioni e successivamente sono morti in ospedale», ricorderà in seguito.

Il lavoro degli operatori continuò anche nei giorni successivi, quando la popolazione di Pryapat, la città vicino all’impianto, venne evacuata.

Smagin e i suoi colleghi erano pienamente coscienti di rischiare la vita rimanendo in quel posto: esporsi a così tante radiazioni significava mettere a repentaglio la propria salute. Ma, secondo quanto riportato dallo stesso ingegnere, su 5mila, solo un massimo di sei o sette persone fuggirono.

Gli eroi di Chernobyl vennero ribattezzati “i liquidatori”. Molti morirono nel giro di pochi anni. Il loro ruolo fu cruciale ed eroico, ma non fu subito apprezzato.

Nei primi anni le autorità locali e sovietiche (all’epoca l’Ucraina faceva parte dell’Unione Sovietica) accusarono il personale, Smagin compreso, di non avere capito per tempo che la situazione del reattore stava diventando pericolosa.

Nelle sue memorie l’ingegnere ha rigettato questo tipo di accuse, dicendo che la politica aveva fatto ricadere tutta la colpa «solo sui lavoratori».

Oggi si ritiene che quelle accuse fossero in larga parte sbagliate. Col tempo Smagin è stato riabilitato e ha anche ricevuto un’onorificenza per il suo impegno nel contrastare i danni provocati dall’incidente nucleare.

Un premio che non gli ha comunque risparmiato quasi 40 anni di calvario dovuto all’esposizione alle radiazioni ricevute nel 1986: a Smagin è stato diagnosticato il cancro da radiazioni.

Nel corso degli anni la malattia l’ha costretto a operarsi per ben sette volte.

La sua situazione di salute lo ha anche limitato fortemente sul lavoro, costringendolo a un impiego di ufficio in un ministero russo.

Negli ultimi giorni aveva ricevuto l’ennesima diagnosi di tumore. Ma ormai non sopportava più l’idea di doversi sottoporre a continue cure. Si è buttato dalla finestra di casa, lasciando un biglietto rivolto ai familiari più stretti: «Miei cari: Larisa, Dima e Sveta! Ora è il momento di salutarci. Grazie mille per gli anni che abbiamo vissuto insieme. È stata felicità. Mi dispiace!».

Il suo suicidio si va ad aggiungere a quelli commessi negli anni passati da molti altri “liquidatori”: uno studio del 2023 ha scoperto che la percentuale di lavoratori estoni che si sono tolti la vita dopo aver contribuito alla bonifica di Chernobyl è più alta dal 31% rispetto alla media nazionale.

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