Ambiente

Seveso. La Chernobyl d’Italia

In esclusiva Audible, il nuovo podcast condotto dalla voce di Massimo Polidoro ci riporta indietro nel tempo, al 1976, e nello spazio, in un paesino della Brianza. Dove, dalla fabbrica chimica Icmesa, inizia a fare capolino una strana nube bianca. Che inizia ad adagiarsi sul territorio circostante. Uccidendo flora e fauna
Riccardo Liguori
Riccardo Liguori giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
18 aprile 2022 Aggiornato alle 07:00

Il 10 luglio 1976 una nube bianca si alza nel debole vento che spira sopra Seveso, un paese a una manciata di chilometri da Milano. Proviene dal reattore A101, collocato nel reparto B dello stabilimento chimico Icmesa, la più piccola di una matrioska di società. Una controllata della Givaudan, azienda leader a livello mondiale nella produzione di aromi e fragranze.

Quello prodotto nella fabbrica è il triclorofenolo – un semilavorato di cloro, che si usa come fungicida, glicoletilenico, che si usa come antigelo, e soda caustica, impiegata come disinfettante ospedaliero o come diserbante. Se portato a una temperatura superiore ai 156 gradi, il composto si trasforma in tetracloro-dibenzo-diossina (TCDD), una varietà di diossina particolarmente tossica.

Così, a Seveso inizia presto a diffondersi una puzza di gomma bruciata, mista a fogna. Che rende l’aria irrespirabile, infiamma i polmoni, brucia la gola, punge gli occhi e ustiona la pelle.

L’erba si secca, le foglie di sgretolano, le cortecce degli alberi si sfaldano. Gli uccelli sono i primi animali a morire. Seguiti a ruota da galline, capre e mucche, che collassano a terra. I polmoni sono esplosi, liberando fiumi di sangue. Che fuoriescono da naso e bocca.

«Le persone fanno fatica a rendersi conto di quello che sta davvero succedendo. Pensano che non sia cambiato niente nella loro vita. Quando, invece, è cambiato tutto», racconta Massimo Polidoro, la voce narrante del podcast Audible Seveso. La Chernobyl d’Italia.

Quello appena avvenuto a Seveso è infatti il più grande disastro chimico ambientale mai successo in Italia.

«La storia d’Italia è piena di episodi avvolti da una nebbia fitta e misteriosa, il cui alone biancastro sospende il tempo, annulla i panorami e sfuma i confini delle cose – racconta Polidoro - Lascia intuire la realtà ma non la rivela. E questo fa paura perché è al suo interno che proliferano bugie persino capaci di riscrivere la verità in un intreccio di cose non dette e altre che secondo alcuni sarebbe meglio non dire».

Il podcast dedicato a Seveso è un percorso sonoro in otto tappe, ciascuna da 50 minuti, che ricostruisce tutti i misteri, le ragioni segrete per tenere nascosta la verità ai cittadini e analizza il caso dei rifiuti mai smaltiti e della produzione di armi chimiche per scopi militari. Portando alla luce una delle pagine più misteriose e infelici della nostra storia.

Timing è il titolo del primo episodio. «Abbiamo voluto sottolineare l’importanza di essere al momento giusto nel posto giusto – spiegano alla Svolta gli autori del podcast Matteo Liuzzi e Niccolò Martin - Ritrovare i documenti sul disastro di Seveso nel pieno di Mani Pulite è stato determinante».

Il diritto di sapere, secondo capitolo del podcast, si riferisce invece ai dieci giorni successivi al disastro, quando i cittadini non erano aggiornati sui fatti. «Da quel momento si sono susseguite narrazioni frammentarie e non puntuali. La causa è da ricondurre alle istituzioni, che da una parte devono tutelare le persone, e se stesse, da questo problema e dall’altra vogliono scongiurare lo scoppio del panico. Il diritto di saper è quello che dobbiamo avere tutti nei riguardi della conoscenza, per essere autori del nostro destino».

Nei giorni successivi all’incidente, infatti, nessuno ha parlato di quello che era successo a Seveso. «I primi sono stati i cronisti locali, che hanno notato delle anomalie negli ospedali, a partire dai giornalisti del Giorno. Seveso è stato questo: un incidente, avvenuto un sabato mattina come altri, che però ha cambiato la storia dell’Italia e ha spinto a ripensare e disporre specifiche misure di sicurezza; è stato la scintilla che ha permesso di fare un passo in avanti in direzione di una serie di diritti, che hanno portato la Storia a un progresso civile nel nostro Paese. Da questo terribile fatto di cronaca nascono infatti le direttive europee Seveso I, Seveso II, Seveso III», ha sottolineato Matteo.

Il male minore è il momento della scelta. «Bisogna scegliere e questa è la più grande difficoltà per l’uomo. Davanti a una situazione complicata non ci si può permettere di scegliere per sbagliare».

Una verità inutile è il momento in cui emerge e viene diffusa la notizia su tutti i giornali. «A quel punto, Seveso diventa un disastro ambientale. Eppure l’azienda continua a minimizzare, fare cordone, tamponare la situazione. Da questo momento si inizia davvero a capire l’entità del problema sprigionato».

I giorni della vergogna segnano la svolta: «iniziano gli arresti e si fa strada la consapevolezza della formula “tutti sanno tutto”. Inizia a paventarsi la necessità di abbandonare Seveso. Andare via è l’unico modo per sopravvivere a questo incidente».

Quando si parla della fine dei sogni, ci si riferisce, appunto, alla necessità di andare via da Seveso perché la TCDD causa malformazioni. Si pone così il dramma delle donne incinte e si scatena il conflitto che nasce dall’ipotesi dell’aborto».

«La fabbrica dei segreti si riferisce alla consapevolezza di affrontare la questione e il problema dei fusti e dei rifiuti originati a Seveso. Infine, la fabbrica delle bugie: le indagini e soprattutto l’archivio rivelano molto, grazie all’archivio nel Pirellone e la comparsa di cinque faldoni al Museo della Scienza e della Tecnica. Che forniscono ancora maggiori informazioni, anche in relazione ai legami tra l’Icmesa, la guerra chimica e dunque l’agent orange».

«Mi ha colpito molto scoprire – ha raccontato Polidoro - la trascuratezza con cui sono stati gestiti lo smaltimento, il recupero di queste aree da parte di chi aveva più responsabilità, che sperava di cavarsela senza ripercussioni. Scampando anche al giudizio della storia, completamente dimenticata da tutti. Noi ne parliamo, la raccontiamo, la ricordiamo ma per tante persone sarà una novità assoluta».

«Diventare consapevoli di quello che è accaduto a Seveso può spingerci a pretendere che incidenti del genere non si verifichino più. Pretendendo trasparenza e senso di responsabilità da chi gestisce queste situazioni. Abbiamo voluto accendere un riflettore, per ricordarci che questi incidenti non si verificano solo in Paesi lontani ma anche, di fatto, sotto casa. E che possono verificarsi ancora perché non è assolutamente vero che siamo in una situazione sicura, come a tanti farebbe piacere credere. Tanto più in un mondo così complesso e difficile come quello dove stiamo vivendo e dove il problema dei rifornimenti, come quelli energetici, pone una serie di interrogativi. Conoscere la storia di Seveso può fornire qualche strumento in più per prendere, finalmente, scelte sensate».

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