Diritti

Fondazione Libellula: 1 adolescente su 2 ha ricevuto contatti fisici indesiderati

Secondo la survey Teen Community, su 361 giovani tra i 14 e i 19 anni il 39% ritiene che controllare di nascosto il cellulare e i profili del partner sia poco o per niente una forma di violenza
Credit: Dmitry Berdnyk
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
26 ottobre 2023 Aggiornato alle 09:00

Il 48% dei ragazzi e delle ragazze ha subito contatti fisici non consensuali da parte di coetanei. Il 43% ha ricevuto richieste sessuali non desiderate. Il 39% ritiene poco o per niente una violenza controllare di nascosto il cellulare o i profili altrui. Sono alcuni dei dati emersi dalla survey Teen Community condotta da Fondazione Libellula per indagare la percezione della violenza di genere tra i giovani.

Dopo aver esplorato il punto di vista maschile sull’equità di genere nel mondo del lavoro con l’indagine L.U.I. Lavoro, Uomini, Inclusione, Fondazione Libellula ha deciso di dare la parola alle nuove generazioni per raccogliere anche il loro punto di vista e comprendere quali siano le loro esperienze rispetto i rapporti tra i generi, la violenza e la discriminazione: prima dell’estate ha proposto un questionario a cui hanno risposto 361 persone di età compresa tra 14 e 19 anni, che frequentano al 97% la scuola secondaria e che si riconoscono al 58% nel genere femminile, al 40% in quello maschile e al 2% in quello non binario. Il 78% dei rispondenti si identifica come eterosessuale, il 9% fluido, il 3% omosessuale, mentre i rimanenti non lo sanno o preferiscono non rispondere.

I risultati presentati nella cornice della Casa dei Diritti a Milano, nata 10 anni fa con l’obiettivo di aiutare e orientare le persone svantaggiate con il supporto di un network di professionisti volontari, rivelano che le ragazze subiscono più episodi di violenza e sono più disposte a parlarne. Per i ragazzi, invece, che ne sono meno vittime, è più complesso farlo. Secondo l’ebook che raccoglie questi dati, La violenza di genere in adolescenza, un ruolo rilevante ce l’hanno gli stereotipi di genere che le nuove generazioni hanno ereditato dalla società: i ragazzi sembrano essere più propensi a non avere una rete di confronto emotivo, affrontando queste situazioni da soli, probabilmente perché esternare le proprie emozioni è ritenuto “non da uomo”.

Tra il 33% di chi ritiene che chiedere al/la partner con chi e dove è quando è fuori sia poco o per niente una forma di violenza, solo il 20% dei rispondenti maschi lo ritiene chiaramente una violenza, contro il 36% delle ragazze. La differenza di genere emerge maggiormente tra il 26% di chi ritiene poco o per nulla una forma di violenza dire al/la partner quali vestiti può indossare (per esempio per andare a una festa o in palestra), le ragazze sono più consapevoli: perché il 51% di loro crede che lo sia “molto”, contro il 24% dei ragazzi.

Tra il 39% di chi definisce poco o per niente “violenza” controllare di nascosto il cellulare e i profili, la sensibilità aumenta solo con l’aumentare dell’età, in modo più accentuato tra le ragazze. Solo il 33% dei ragazzi nella fascia tra i 18 e i 19 anni ritiene inaccettabile che un ragazzo diventi violento dopo un tradimento, contro il 79% delle ragazze; solo il 29% dei maschi non è d’accordo sul fatto che se il/la partner ti controlla è perché ti ama (ma è il 48% tra le ragazze).

La disparità di percezione tra i generi emerge anche nell’individuazione dei luoghi in cui si percepisce il maggior rischio di molestie e violenza: la strada è in cima alla lista (78%), ma è l’83% delle ragazze a ritenerla non sicura. I mezzi pubblici sono al secondo posto (63%), ma la percentuale sale al 74% tra le adolescenti; i locali di ritrovo (46%) non sono sicuri per il 67% delle ragazze. L’unico spazio in cui la percezione è ribaltata è la scuola: per i ragazzi è un luogo a rischio di violenza in misura molto maggiore rispetto alle ragazze (42% contro il 18%).

I risultati mostrano anche una parziale capacità di riconoscimento delle forme di violenza e dei diversi modi in cui si può manifestare, soprattutto se si tratta di violenza psicologica. Gelosia, possesso, aggressività e invasione vengono considerate come espressione di interesse e attenzione da parte del partner, che viene considerato il responsabile di certe reazioni nell’altro/a.

«Normalizzare questi atteggiamenti non potrà che perpetuare e quasi autorizzare episodi di violenza di genere: ricordiamoci che i giovani di oggi saranno gli adulti di domani - ha spiegato Debora Moretti, Fondatrice e Presidente di Fondazione Libellula Impresa Sociale - Non a caso dalla survey LUI, realizzata qualche mese fa, emergeva il dato allarmante secondo cui 1 uomo su 2 ritiene che la violenza sulle donne sia un problema che non lo riguardi. È evidente dunque la necessità di un cambiamento strutturale che ci insegni il rispetto dell’altro, della propria individualità e dei propri spazi, a prescindere dal genere».

Considerando che chi subisce violenza e non chiede aiuto lo fa perché voleva uscirne da solo/a (42%), si vergognava (39%), non sapeva cosa fare (37%) o pensava fosse una cosa di poco conto (26%), Fondazione Libellula propone la creazione di un dialogo attivo tra adolescenti e mondo adulto, oltre all’ingaggio dei ragazzi sul tema della violenza. I giovani sono d’accordo: «A partire dalla scuola, sarebbe necessario creare degli spazi che approfondiscano questi temi, non solo per gli alunni ma anche per gli insegnanti», ha spiegato Marianna, una delle studentesse che hanno partecipato alla survey. I docenti dovrebbero «capire come trattare gli alunni, senza rischiare di offenderli e rispettando le loro fragilità», mentre «a casa i genitori dovrebbero costruire un legame con i propri figli».

Fondazione Libellula propone varie soluzioni, tra cui l’introduzione dell’educazione all’affettività, alla sessualità e all’equità di genere negli istituti scolastici, con un focus sul digitale, e la formazione di veri e propri ambassador sul tema della violenza di genere che agiscano come sentinelle attive e contribuiscano alla diffusione tra pari di messaggi di informazione e prevenzione sul tema (sia tra gli studenti che tra i docenti). Ma anche, a livello di istituzioni e società, il monitoraggio costante del fenomeno, con una costante valutazione dell’efficacia delle azioni intraprese per contrastarlo.

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