Economia

Usa: i benestanti sono sempre più ricchi

Mentre a livello globale cresce il numero di persone in povertà e la classe media sembra essere prossima a scomparire, i super facoltosi aumentano le dimensioni dei propri portafogli
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13 ottobre 2023 Aggiornato alle 07:00

Secondo il World Inequality Report 2022, dal 1990 della ricchezza aggiuntiva accumulata il 38% è arrivato nelle mani dell’1% della popolazione più ricca al mondo, mentre al 50% più povero è spettato appena il 2%.

A peggiorare la situazione è stata la pandemia, che ha ulteriormente abbassato il reddito medio della parte meno abbiente della popolazione.

Difatti, nel 2022 era il 10% della popolazione a detenere il 76% della ricchezza globale, una ricchezza che dal 1995 è cresciuta tra il 6% e il 9% ogni anno.

Con un’analisi aggiornata, è il think tank della Federal Reserve ad analizzare le disuguaglianze statunitensi.

Lo studio evidenzia una situazione in forte peggioramento, anche se il record di iniquità finanziaria è stato raggiunto tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022.

Dai dati della prima metà dell’anno in corso, è l’1% dei super ricchi americani a detenere oltre 20.480 miliardi di dollari in azioni e fondi d’investimento, ovvero il 53,8% di tutti i corporate equities e mutual fund shares americani.

Anche analizzando il 10% più ricco, la situazione non migliora, anzi: mentre il 90% della popolazione Usa possiede 4.190 miliardi di dollari, una piccola porzione si gode gli oltre 33 miliardi di dollari restanti.

A evidenziare questo divario sono addirittura i fondi pensione, estremamente diffusi negli Stati Uniti. La percentuale più elevata di ricchezza si trova nelle tasche della classe più ricca (tra il 90% e il 99% della ricchezza Usa), mentre gli appartenenti alla “classe media” (50% - 90%) sono proprietari di 13.720 miliardi di dollari.

Ma chi sono questi super ricchi?

Secondo la Banca Centrale Americana, i possessori di fondi e azioni sono per lo più uomini bianchi (88,9%), laureati (92,7%) nati tra il 1946 e il 1964 (55,7%).

Più difficile è l’accesso alla ricchezza per le altre etnie, in particolar modo per i neri che rappresentano l’1,1% e per gli ispanici, con lo 0,5%.

Lo conferma anche l’indagine di Statista, che analizza l’etnia in relazione al reddito annuo dei lavoratori Americani: a guadagnare di più sono le famiglie asiatiche, seguite da quelle di origine caucasica, mentre restano al di sotto della media nazionale i neri, gli ispanici e i nativi d’America che riscontrano anche i più elevati livelli di disoccupazione, evidenziando una fortissima disparità razziale negli Usa.

Un ruolo cruciale viene, poi, svolto dai livelli di scolarizzazione: a essere notevolmente penalizzati sono coloro che hanno un basso livello di studio (0,7% dei possessori di azioni e fondi secondo la Bank of America), mentre soggetti maggiormente istruiti hanno più possibilità di rientrare tra i “ricchi” o, comunque, di non dover combattere per arrivare a fine mese.

In America rimane, dunque, estremamente netto il divario tra ricchi e poveri: nel 2021, secondo Statista, quasi il 10% della popolazione aveva un reddito annuo inferiore ai 15.000 dollari.

Nel secondo trimestre del 2023, il 69% della ricchezza nazionale era posseduta da appena il 10% della popolazione più abbiente, mentre il 50% dei redditi più bassi possedeva il 2,5% della ricchezza totale.

E in effetti, sono proprio gli Stati Uniti a posizionarsi sotto alla Cina per maggior numero di miliardari nel Paese (con 691 contro 969 miliardari nel 2023), ma al tempo stesso è sempre il Nord America a detenere il livello più alto di ultra high net worth, ovvero coloro che hanno un patrimonio netto superiore ai 50 milioni di dollari.

Anche in questo caso, si tratta per lo più di uomini (tra le 20 persone più ricche al mondo solo 2 sono donne) appartenenti alla generazione dei cosiddetti baby boomer.

Nella presentazione del report sulle disuguaglianze del 2022, l’economista francese Lucas Chancel afferma che «se c’è una lezione che possiamo trarre, è che la disuguaglianza è sempre una scelta politica e c’è sempre qualcosa in più che possiamo fare per affrontarla».

Diventa, dunque, necessario capire come agire per risolvere un problema che non è solo americano.

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