Ambiente

Uragani: è sempre più difficile prevederne l’intensità

L’innalzamento delle temperature negli oceani rende le tempeste tropicali più violente e improvvise, preoccupando i meteorologi statunitensi che non riescono a ipotizzarne la forza
L'immagine satellitare dell'uragano Idalia, nella zona di Big Bend in Florida, sul Golfo del Messico
L'immagine satellitare dell'uragano Idalia, nella zona di Big Bend in Florida, sul Golfo del Messico Credit: Nesdis/Star/Noaa/Planet Pix via ZUMA Press Wire
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7 settembre 2023 Aggiornato alle 10:15

Gli uragani non solo stanno diventando molto più devastanti e intensi, oggi, ma anche più rapidi: è la preoccupante tendenza che renderà sempre più difficile prevedere la distruzione che le tempeste porteranno (un esempio recente: l’uragano Idalia, Usa).

La causa principale della crescente potenza di questi venti è da ricercare (in parte) nelle acque oceaniche che, a causa della crisi climatica e del surriscaldamento globale, raggiungono temperature sempre più alte. Questo fenomeno sta portando a un aumento dell’intensità delle tempeste tropicali, trasformandole in uragani mortali, sfidando le previsioni e cogliendo di sorpresa imprese e comunità costiere.

Il dilemma della previsione dell’intensità

Negli ultimi anni, uragani come Harvey, Ian, Idalia e Maria hanno subito quella che gli esperti chiamano “intensificazione rapida”, caratterizzata da un aumento della velocità del vento di almeno 35 miglia all’ora (poco più di 56 chilometri orari) in sole 24 ore.

Questi eventi hanno causato danni per centinaia di miliardi di dollari, mettendo in luce un problema cruciale per i meteorologi: prevedere se e quanto un uragano si intensificherà. «È difficile sapere se la tempesta si intensificherà di 36 miglia all’ora o di 70», spiega Phil Klotzbach, membro del Tropical Weather and Climate della Colorado State University.

Una variazione che può fare la differenza tra la vita e la morte, tra un’evacuazione precauzionale per una tempesta di categoria 2 (relativamente benigna) e una fuga, invece, necessaria per un devastante uragano di categoria 4.

L’influenza del riscaldamento globale

Sebbene gli scienziati abbiano migliorato la capacità di tracciare la traiettoria delle tempeste, la previsione dell’intensità rimane una sfida: secondo Adam Sobel, professore e scienziato dell’atmosfera alla Columbia University, «anche se stai facendo tutto bene, ci saranno falsi allarmi». E il rischio è quello di non riuscire a prevedere l’esatta natura della bufera, mettendo a rischio la vita di migliaia di persone, oltre che provocare ingenti perdite economiche. Nel corso degli ultimi anni, infatti, i 6 uragani più costosi hanno causato danni per 745 miliardi di dollari.

In questo scenario, quindi, le temperature dell’acqua costiera nell’oceano sempre più alte alimentano le tempeste. La crisi climatica ha portato le acque a livelli record: ne sono prova, per esempio, i mari al largo della Florida, che hanno raggiunto e superato gli 88 gradi Fahrenheit (oltre 31 gradi centigradi).

Ma cosa c’entra il riscaldamento globale con gli uragani? Secondo gli esperti le alte temperature creano una condizione ideale per la formazione e l’intensificazione di questi venti. E l’aspetto più inquietante è che le tempeste sembrano guadagnare potenza più velocemente proprio mentre si avvicinano alla terraferma, colpendo le comunità costiere con venti sempre più potenti e mareggiate sempre più devastanti.

Ma i progressi della tecnologia lasciano ben sperare. Richard Sorkin, amministratore delegato della Jupiter Intelligence, ente che tiene traccia del rischio climatico, afferma che «le previsioni per una rapida intensificazione erano rare, ma poiché le conoscenze scientifiche e le capacità di previsione continuano a migliorare in modo incrementale, possiamo aspettarci di vedere più previsioni di questo tipo».

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