Ambiente

La guerra di Putin causerà anche un disastro ecologico?

Gli attacchi a depositi di armi e carburante ucraini hanno innescato incendi che stanno inquinando aria e suolo. Si teme che la Russia miri ai 15 reattori nucleari presenti intorno a Kiev. Il rischio è una catastrofe ambientale senza precedenti
Riccardo Liguori
Riccardo Liguori giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
24 febbraio 2022 Aggiornato alle 16:06

A pochi passi da noi sta esplodendo una catastrofe umanitaria, economica e sociale. Ma anche ambientale. La guerra tra Ucraina e Russia, annunciata nel cuore di questa notte, ha tutte le potenzialità per innescare un pesantissimo disastro ecologico. In grado di stravolgere gli ecosistemi e deformare la morfologia dei territori colpiti. Per poi valicare i confini nazionali.

I bombardamenti che si stanno susseguendo da parte dei russi hanno riguardato diversi siti di depositi di armi e carburanti, liberando nell’aria ingenti quantità di gas climalteranti e compromettendo la salubrità dell’aria. È accaduto, oggi, con l’attacco a 5 aeroporti ucraini, Borispol, Ozerny, Kulbakino, Chuguev, Kramatorsk, Chernobaevka, così come al deposito di munizioni a Kalynivka.

L’Ucraina, è bene ricordarcelo, ospita ben 15 reattori nucleari che, secondo quanto dichiarato pubblicamente dal Dipartimento di Stato americano, potrebbero essere distrutti intenzionalmente. Nel 2018, il ministro dell’ecologia ucraino, Ostap Semerak, aveva ammonito di una potenziale “seconda Chernobyl” nel caso in cui i separatisti russi avessero volontariamente allagato il giacimento abbandonato di carbone di YunKom. Un sito dove è stato costruito l’Object Klivazh, sede di test nucleari.

Importante tenere a mente anche che il Donbas, area nella parte più orientale dello Stato, è un sito strategico per l’estrazione del carbone. Colpirlo ora implicherebbe un’impennata delle emissioni di gas serra, e una compromissione della salubrità di aria, acqua e terra. Le miniere qui presenti necessitano di una costante attività di pompaggio per scongiurare il rischio che le acque sotterranee le inondino. Questo, a causa delle attuali tensioni, non sta avvenendo: tant’è che le autorità ucraine hanno comunicato che il fiume Don è irrimediabilmente contaminato.

Pensare che noi, dal 2001, ogni 6 novembre celebriamo la giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerra e conflitto. Iniziativa delle Nazioni Unite che ha lo scopo di prevenire i danni causati agli ecosistemi nel corso di eventi bellici.

Se è vero che guardare agli errori commessi in passato può scongiurare il rischio di commetterne altri in futuro, è utile ricordare i pesantissimi danni ambientali indotti dai conflitti che hanno interessato il pianeta nel Novecento.

È il caso della Prima guerra mondiale, nel corso della quale i miliardi di munizioni prodotte e sparate contaminarono la terra con rame e piombo, ma anche con migliaia di tonnellate di agenti chimici impiegati al fronte.

È il caso del conflitto in Cina, dove nel giugno 1938 si verificò l’alluvione del Fiume Giallo. Un evento che, ben lungi dall’essere di origine naturale, fu causato dai nazionalisti cinesi che, guidati da Chiang-Kai-Shek, distrussero gli argini del fiume presso Huayuankou per fermare l’avanzata dell’esercito giapponese. I morti stimati furono tra 500.000 e 1.000.000.

È il caso della guerra in Vietnam, che vide le forze armate americane impiegare su vasta scala erbicidi e defolianti particolarmente inquinanti per sgomberare dalla vegetazione interi settori della giungla. Quelle foreste non torneranno più, così come le oltre 120 specie di uccelli e 40 di mammiferi che le popolavano. Si stima che il potente erbicida “agente Orange” disperso volontariamente dalle truppe statunitense su terra e suolo tra il 1961 e il 1971 portò alla morte o all’insorgenza di malattia croniche in 400.000 cittadini.

Ancora, è il caso della prima guerra del Golfo. Nel 1991 più di 700 milioni di litri di petrolio vennero riversati nel Golfo Persico, danneggiando le umide e compromettendo la vita di flora e fauna. In quell’occasione, sabotando 600 pozzi di greggio, le forze armate irachene fecero divampare incendi che liberarono in atmosfera mezzo miliardo di tonnellate di CO2. Compromettendo la salubrità dell’aria fino all’India.

Più recentemente, un altro grave esempio di inquinamento ambientale lo forniscono le guerre che hanno interessato l’ex- Jugoslavia e il Kosovo nel 1999. Nel suo libro, The Kosovo Conflict – Consequences for the Environment & Human Settlements, l’esperto di questioni ambientali internazionali Pekka Haavisto ha raccontato il conflitto come il primo in cui sono state sollevate denunce di violazione ambientali, in particolar modo riguardo i pericoli legati ai rischi, senza confine, della contaminazione di aria e dell’acqua, soprattutto quella del fiume Danubio.

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