Diritti

Fecondazione eterologa: no alla trascrizione del figlio di 2 mamme

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 23527, ha respinto il ricorso di due donne che avevano scelto il tipo di procreazione medicalmente assistita che prevede l’uso di gameti di donatori
Credit: Nadezhda Moryak
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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3 agosto 2023 Aggiornato alle 16:00

La Corte di Cassazione si è espressa sulla trascrizione della dichiarazione di nascita con l’indicazione della madre biologica e di intenzione, cioè colei che non ha contribuito con il proprio patrimonio genetico a concepire il minore, ma che ha intenzione di instaurarvi un rapporto familiare.

Esito: negativo.

Secondo l’ordinanza 23527, depositata il 2 agosto 2023, la Suprema Corte ha respinto il ricorso contro la cancellazione della trascrizione avanzato da due donne. Lo riporta il Sole 24Ore: secondo la decisione, la trascrizione in questione non è valida e va cancellata. Questa mossa sembra voler escludere la possibilità di distinzione tra le trascrizioni per i figli di coppie dello stesso nati sia con maternità surrogata che con fecondazione eterologa.

Il caso: due donne italiane, unite civilmente, fanno ricorso alla procreazione medicalmente assistita all’estero. Anche detta “fecondazione artificiale”, viene definita come “l’insieme delle tecniche utilizzate per aiutare il concepimento in tutte le coppie, nei casi in cui il concepimento spontaneo è impossibile o estremamente remoto e nei casi in cui altri interventi farmacologici e/o chirurgici siano inadeguati”.

Le linee guida della legge 40/2004, che regola la Pma in Italia, prevedono l’utilizzo in prima istanza delle opzioni terapeutiche più semplici e meno invasive, le cosiddette “metodiche di I livello”, che prevedono che la fecondazione avvenga nell’apparato genitale femminile. Seguite poi, eventualmente, dalle “tecniche di II e III livello”, con cui la fecondazione avviene in vitro.

Dal 2014, spiega il portale del ministero della Salute, la Corte Costituzionale ha fatto decadere il divieto di fecondazione eterologa in Italia, ovvero la pratica per cui uno o entrambi i gameti (ovuli o spermatozoi) provengono da un donatore esterno alla coppia. Le tecniche sancite dalla legge italiana sono, quindi, sia quelle omologhe che quelle eterologhe. La già citata legge 40 vieta alle coppie dello stesso sesso di fare ricorso alla procreazione medicalmente assistita in Italia, pratica riservata unicamente a chi ha problemi di sterilità dovuti a patologie.

Nel 2018 le due donne in questione, attraverso un percorso di Pma in Spagna, utilizzano il gamete maschile di un donatore anonimo e gli ovuli della madre biologica, che porta avanti la gravidanza. Il sindaco, dopo il parto, avvenuto in Italia, trascrive la dichiarazione di nascita resa dalla madre biologica e il riconoscimento da parte del genitore di intenzione. Ma il Procuratore della Repubblica fa ricorso e ottiene l’ordine di cancellazione del Tribunale di Milano, che dichiara illegittime le trascrizioni.

Le donne fanno a loro volta ricorso, ma la Corte d’Appello respinge il loro reclamo. La coppia, allora, fa ricorso in Cassazione, che però lo respinge.

Che cosa è successo? Sembra che i giudici abbiano applicato al caso gli stessi principi dettati dalla sentenza n° 38162 delle Sezioni Unite Civili, pubblicata il 30 dicembre 2022, per il ricorso alla Gpa, o “gestazione per altri”, la forma di procreazione assistita che prevede che sia un’altra persona a portare avanti la gravidanza per conto di altri (il 26 luglio 2023 la Camera ha approvato in prima lettura il disegno di legge che vuole rendere reato “universale” il ricorso alla gestazione per altri: significa che l’Italia vuole perseguire chi pratica la Gpa all’estero, anche in quei Paesi in cui è consentita).

La Cassazione, dunque, ha deciso di cancellare la trascrizione dell’atto di nascita in cui è indicata, oltre alla madre biologica, anche quella di intenzione del bambino nato in Italia dopo una Pma avvenuta in Spagna.

L’unica strada percorribile per la tutela giuridica e affettiva del figlio è quella dell’adozione in casi particolari del genitore non biologico (art. 44, lettera d, l. n. 184/1983), che richiede un iter processuale e decisionale molto lungo e che consente di registrare i figli in quanto tali e di riconoscere giuridicamente il legame con il genitore non genetico.

A fine giugno il Tribunale di Milano aveva considerato inammissibile la richiesta di cancellazione delle trascrizioni per due casi che avevano riguardato due mamme che avevano fatto ricorso alla fecondazione eterologa: i giudici hanno decretato che “l’ufficiale dello Stato civile può rifiutare di accettare una dichiarazione di riconoscimento del figlio, ma una volta che la dichiarazione sia stata accettata – anche se per compiacenza, per errore o in violazione di legge - e sia stata annotata in calce all’atto di nascita del minore, il riconoscimento effettuato non potrà essere contestato e quindi rimosso attraverso una rettificazione”.

Decisione diversa per una coppia di uomini, padri di un bambino nato con il ricorso alla Gpa. Secondo il tribunale milanese, caso, infatti, la trascrizione, in quel caso, violava la normativa vigente.

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