Ambiente

L’orrida top 5 dei reati ambientali

Edilizia, rifiuti, inquinamento, reati contro beni ambientali e maltrattamento di animali. Il rapporto Ecomafia 2023 è una botta allo stomaco. Ma è da leggere
Credit: ANSA/ QdS
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 4 min lettura
15 luglio 2023 Aggiornato alle 07:00

Ci vuole un po’ d’impegno per approcciare il rapporto Ecomafia perché sono numeri più che storie, ma dopo un po’ impari a districarti tra le tabelle e classifiche che Legambiente pubblica ogni anno (Edizioni Ambiente, 22 euro).

Sono andata a guardarci dentro - sia alla presentazione sia proprio nel libro - e ne sono uscita arrabbiata.

Perché quello che ci raccontiamo ogni giorno è che dobbiamo fare il possibile per migliorare sia il nostro livello informativo e culturale sia cambiare le nostre abitudini pensando agli obiettivi dell’Agenda 2030.

In funzione di un progetto comune, ogni giorno facciamo gesti che ci costano un po’ in termini di tempo. Cose piccolissime che richiedono sforzo.

Poi leggi Ecomafia 2023, e casca tutto.

Leggi e capisci che il grosso dell’inquinamento non lo facciamo noi. Lo fanno le aziende che gestiscono rifiuti, scarichi idrici, emissioni atmosferiche, bonifiche, e molta edilizia.

Aziende spesso organizzate con lo specifico obiettivo di risparmiare soldi o guadagnare soldi a scapito dell’ecosistema.

Era prevedibile, certo, ma leggere nero su bianco che ad Ancona - nell’impianto petrolchimico falconarese - è stato compiuto un disastro ambientale per risparmiare sui costi di bonifica di uno dei serbatoi di petrolio - circa 2 milioni di euro - e per un corretto smaltimento dei rifiuti reflui - circa 8 milioni di euro l’anno - ti fa drizzare i capelli in testa.

Per non parlare di quel funzionario dell’assessorato all’energia di Palermo che, responsabile di acqua e rifiuti, ha concesso autorizzazioni ambientali a un noto imprenditore siciliano in cambio di un investimento di un milione di euro in due società milanesi di trading finanziario gestite dal figlio.

Ma allora, le anime belle che propongono una sanatoria per le case abusive realizzate a 150 metri dalla riva del mare in Sicilia - simili a quelle che a Ischia lo scorso anno parlavano di abuso edilizio come stato di necessità - lo sapevano, vero, di mentire spudoratamente, sì?

Come se la seconda casa fronte mare fosse una necessità irrinunciabile. Come se costruire senza un permesso edilizio fosse normale. Come se tutto il resto dell mondo fosse scemo, a seguire le regole.

E mi scaldo perché la fotografia dello scempio che ogni anno viene consumato a spese del territorio italiano - e non solo, visto il traffico internazionale di rifiuti, Raee (rifiuti elettronici, ndr) e quant’altro - è impressionante. Ma la cosa più dolorosa è che non è per necessità che le aziende partecipate dalla malavita corrompono, devastano, inquinano, uccidono le acque, i fiumi e i mari con i loro detriti tossici rilasciati senza colpo ferire. Non è per necessità: è SOLO per soldi.

Il bene supremo di Wall Street - l’avidità - nelle mani di chi può partecipare, in piccolo o in grande, a questa classifica maleodorante dell’illecito fa chiudere tanti occhi e tante bocche. E non è solo a Sud, che questo accade visto che ormai le nostre spiagge sono un coacervo di plastica e sabbia, e l’indagine Beach Litter ci ha spiegato che quest’anno i litorali sono coperti da una valanga di rifiuti, con una media di 961 rifiuti ogni cento metri di sabbia.

Ma che lo dico a fare? Proprio ieri l’altro una famiglia ha pensato bene di piantare una tenda di 10 metri per 4 in spiaggia, e costruire il proprio privatissimo dehors fronte mare. E tutti quelli fighi che si sono comprati pannelli fotovoltaici anni fa e li vogliono cambiare mica controllano bene a chi consegnano quelli che non useranno più, e invece c’è da stare attenti, che c’è un traffico di pannelli dismessi tra Ghana e Nuova Guinea che fa accapponare la pelle.

Traffico che porta poi il costo sociale di “lavoratori” africani a smantellare pezzi di metallo e derivati pericolosi a mani nude, per rivendere ogni piccola parte.

Ascolti il segretario di Legambiente Stefano Ciafani che spiega come non sia possibile lasciare ai sindaci la decisione sugli ecomostri e l’edilizia abusiva, perché non agiranno mai contro i loro elettori.

Leggi i consigli che a inizio libro l’associazione propone pazientemente ogni anno. Continui a sperare che quell’amministratore di Varese la cui azienda ha gettato cromo e alluminio nelle acque reflue non avesse capito esattamente quello che ha combinato.

Poi, però, pensi: se sono dirigenti che operano nel mondo di aziende che producono sostanze tossiche, dovrebbero aver studiato, e sapere prima di noi tutto quanto.

E se è per i soldi che lo fanno, il lavoro non è più una scusa per fare la qualunque a spese della comunità. E se è per i danari accumulati, beh, forse si dovrebbero pagare molto molto salati questi reati. Anche in termini economici.

PS: se vuoi approfondire leggi il comunicato di Legambiente e compra il libro

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