Ambiente

Perché gli oceani si riscaldano così in fretta? Scienziati divisi

Le temperature dei mari sono aumentate di 0,2°C rispetto allo scorso anno. Alcuni credono che la riduzione dell’inquinamento navale abbia permesso alla luce di irradiarsi; altri attribuiscono la colpa al caldo
Credit: Willian Justen de Vasconcellos
Tempo di lettura 4 min lettura
4 luglio 2023 Aggiornato alle 10:20

Negli ultimi 4 decenni di osservazioni satellitarie, mai come quest’anno si è visto un aumento tanto costante quanto sbalorditivo delle temperature oceaniche globali, con il conseguente lancio di molteplici allarmi da parte di molti scienziati. L’incognita primaria riguarda le cause di un cambiamento così rapido.

Il brusco e improvviso picco delle temperature oceaniche ha, infatti, innervosito molte menti: si sono accesi così diversi dibattiti su Twitter in merito alle potenziali cause dell’aumento costante delle temperature. Come riportato dal Washington Post, lo scorso maggio le temperature globali hanno raggiunto livelli record; i dati Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) rivelano che il calore oceano ha raggiunto quote senza precedenti per il secondo mese consecutivo.

Con l’inizio de El Niño, fenomeno atmosferico noto per le sue condizioni meteorologiche estreme, l’influenza dei gas serra è in costante aumento nell’atmosfera. Escludendo le regioni polari, quest’anno le temperature medie negli oceani della Terra sono aumentate di 2 decimi di gradi Celsius rispetto all’anno scorso (quasi 1 grado sopra la media dal 1982 al 2011). Il caldo estremo provocato da El Niño, inoltre, non si fermerebbe all’Oceano Pacifico ma si estenderebbe anche ai tropici e all’Atlantico equatoriale e settentrionale.

Teorie e disaccordi

Alcuni ricercatori del clima sospettano che una drastica riduzione dell’inquinamento atmosferico causato dalle navi abbia permesso alla luce solare di irradiarsi: un’opinione sostenuta e contestata da scuole di pensiero diverse.

Ciò che accomuna invece gran parte degli esperti è l’idea che le condizioni generali siano sempre mature e ben predisposte a portare ondate di caldo estremo: siccità, inondazioni e tempeste, sono tutti fenomeni legati al riscaldamento degli oceani.

Una teoria che attira l’attenzione di alcuni specialisti (e il conseguente disaccordo), invece, si collega a un regolamento imposto all’industria marittima nel 2020. Con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento atmosferico da solfato, in quanto dannoso anche per la salute umana, l’Organizzazione Marittima Internazionale ha richiesto alle navi di utilizzare carburante con un ridotto contenuto di zolfo.

A questo proposito, un gruppo di ricercatori della Nasa ha scoperto che l’anno scorso il cambiamento climatico ha ridotto significativamente la concentrazione degli effetti nocivi di questi inquinanti, che tendono a riflettere la luce solare nello spazio impedendole di raggiungere la superficie terrestre, principalmente su parti dell’Atlantico settentrionale e del Pacifico.

Variabilità naturale e cambiamento climatico

Il costante riscaldamento dovuto a decenni di emissioni gas serra ha reso ancora più probabili l’avvento di condizioni estreme, come quelle che si stanno verificando in questi anni negli oceani della Terra.

Il ricercatore del Goddard Space Flight Center della Nasa e della University of Maryland, Baltimore County, Tianle Yuan, ha realizzato una panoramica della situazione: «[Tutto questo] influenzerà il tempo sia in Nord America che in Europa, lo sappiamo (…) La verità è già abbastanza brutta» e, indipendentemente dalla causa, ha concluso Yuan, gli effetti potrebbero essere drammatici.

I venti incoraggiano l’evaporazione e il raffreddamento delle calde acque superficiali, che in genere trasportano anche la sabbia del Sahara Atlantico. Proprio come l’inquinamento atmosferico da solfato, anche la sabbia blocca la luce solare e la riflette sullo spazio, impedendo di conseguenza il riscaldamento delle acque sottostanti. I cambiamenti nella circolazione atmosferica si sono tradotti nella scomparsa di un’area ad alta pressione che spesso si trova sopra il Nord Atlantico orientale, inviando forti alisei dall’Africa occidentale verso il Nord America.

«Hai una variabilità naturale e sopra di essa hai il cambiamento climatico», sostiene il ricercatore della Colorado State University Phil Klotzbach; secondo l’esperto, qualora queste condizioni si dovessero verificare sullo sfondo de El Niño, potremmo pensare che i cambiamenti temporanei nei modelli del vento e del tempo possano avere un’influenza maggiore sulle temperature oceaniche rispetto al passato.

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