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Linguaggio inclusivo: cosa significa?

Il 1° giugno si apre il Mese del Pride. 30 giorni per imparare e condividere storia, cultura, lessico e personaggi Lgbtqai+ ma anche per formare “Le parole dell’orgoglio”, un vero e proprio vocabolario, dalla A di Arcigay alla Z di Zedsexual
Credit: Marcelo Dias
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 2 min lettura
1 gennaio 2023 Aggiornato alle 16:09

Con il termine linguaggio inclusivo si intende un tipo di linguaggio pensato per evitare pregiudizi e stereotipi. Si tratta quindi di una lingua le cui parole:

· Non rafforzano stereotipi di genere

· Non sono razziste

· Non discriminano le persone in base all’età (ageism)

· Non sono abiliste (cioè non discriminano le persone con disabilità)

Per quanto riguarda sesso e genere, un linguaggio inclusivo può essere realizzato, a esempio, usando sostantivi che non siano specifici di genere per riferirsi a ruoli o professioni, oppure formando le frasi senza un genere predominante.

La nostra lingua presenta diversi ostacoli grammaticali che la rendono particolarmente rigida di fronte a un uso non declinato per genere, per questo sono state proposte diverse soluzioni per parlare e scrivere un italiano più inclusivo, aggirando l’utilizzo del cosiddetto maschile sovraesteso (utilizzato come se fosse neutro) per abbracciare anche le persone femminili e non binarie, utilizzando le loro caratteristiche come aggettivi e non riducendo le persone a uno dei loro aspetti.

Rientrano in questa tipologia di linguaggio non solo i femminili professionali, ma anche le perifrasi che possiamo utilizzare per aggirare termini esclusivamente genderizzati o le introduzioni grammaticali come schwa (ǝ), asterisco, desinenza in x o a/o per sostituire le desinenze di genere.

In linguistica, la schwa corrisponde a un suono vocalico medio, non arrotondato, che viene utilizzato quotidianamente in alcune aree del mondo (non solo in lingue come l’inglese o il francese ma anche in dialetti come il napoletano, il barese o il siciliano: è quindi una vocale caratterizzata da un suono a metà strada fra le altre vocali esistenti, come quello della “a” di “about” o dell’espressione napoletana “mammətə”.

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