Ambiente

Una prima buona notizia per l’Amazzonia

L’effetto Lula si fa sentire: il calo della deforestazione ha sfiorato ad aprile il 70% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Ma la strada per arrivare a “zero tagli” è ancora lunga
Credit: EPA/Andre Borges
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17 maggio 2023 Aggiornato alle 08:00

Quando appena rieletto, nel novembre del 2022, Luiz Inacio Lula da Silva si presentò alla Cop27 sul clima in Egitto fu accolto come una superstar.

A far brillare gli occhi ad attivisti e istituzioni impegnati contro la crisi climatica furono le parole per sostenere i suoi impegni: frenare la deforestazione in Amazzonia e porre il Brasile al centro della questione climatica, magari ospitando una futura Cop proprio nel cuore della foresta pluviale.

Fu un messaggio forte, quello che il mondo attendeva dopo anni di politiche di Jair Bolsonaro che, in larga parte, a causa di un sostegno più alla parte commerciale del Paese che a quella naturale, avevano di nuovo compromesso la grande area verde nel mondo, quella fondamentale per il suo assorbimento di CO2 nella battaglia contro la crisi del clima. Cinque mesi dopo, il Governo brasiliano racconta che l’inversione di rotta voluta da Lula sta già funzionando.

Secondo l’amministrazione la deforestazione arretra di oltre il 68%.

La distruzione della foresta - sostiene l’Esecutivo - è stata infatti pari a quasi 288 km quadrati ad aprile, la terza più bassa nella storia, secondo un rapporto dell’Istituto nazionale per la ricerca spaziale (Inpe) sulla base dei dati preliminari del sistema Deter, in sostanza l’osservazione dai satelliti.

Si parla di una fortissima diminuzione se si pensa che lo stesso mese dello scorso anno il disboscamento era pari a 1.026 km quadrati.

Numeri che invertono una tendenza al rialzo rispetto agli scorsi mesi: Lula continua a sostenere di voler portare la deforestazione a zero ma servirà ancora un lungo cammino dato che nella prima parte del 2023 il trend in certe aree era ancora negativo.

«Sono qui per dire a tutti voi che il Brasile è tornato nel mondo, sapete tutti che intraprenderemo una grande lotta contro la deforestazione», ripeteva il neo Presidente nei giorni in cui fu rieletto, un mantra che è diventato centrale anche nel giudicare il suo operato. Decisivi saranno però i numeri di fine anno - dato che solitamente la deforestazione tocca i picchi durante estate e stagione secca - per capire se la tendenza ora positiva continuerà o meno.

L’obiettivo di azzerare la deforestazione è fissato al 2030 ma serviranno sforzi ingenti fin da subito per porsi sul giusto cammino: eppure, in zone come il Cerrado, continuano le preoccupazioni per la perdita di terre e vegetazione e se si osservano i primi mesi del 2023 in totale si parla di 2133 chilometri quadrati devastati, dunque un valore superiore a quello dello stesso periodo dello scorso anno nella zona.

In generale però, rispetto ai primi quattro mesi dell’anno, il ritmo della deforestazione segna un -40%. «I dati di aprile sono stati accolti come un segnale positivo, ma purtroppo non possiamo ancora dichiarare una tendenza alla diminuzione della deforestazione in Amazzonia. I numeri sono molto alti e la stagione secca, favorevole alla deforestazione, non è ancora iniziata”, ha detto in una nota Mariana Napolitano, responsabile della conservazione del Wwf Brasile.

In attesa di nuovi futuri dati per comprendere meglio se effettivamente si stia dando un “taglio” concreto alle motoseghe, nel frattempo arrivano comunque notizie positive legate al rapporto fra terre e popolazioni indigene. Grazie a una decisione storica il Presidente Lula ha infatti da poco fatto sapere che riconsegnerà le terre indigene alle comunità che da sempre le custodiscono, riconoscendo loro 1.200 chilometri quadrati di area (quasi come il Comune di Roma) per la maggior parte in Amazzonia. Affidando ai custodi della terra questa zona si spera quindi di aumentare la protezione da miniere e disboscamenti.

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