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Disabilità: davanti alla consolle non ci sono differenze

Frega Project lotta per garantire l’accessibilità e normalizzare «la presenza di persone con disabilità agli eventi, grazie alla musica elettronica», racconta il dj e ideatore del progetto Gabriele Capponi a La Svolta
Gabriele Capponi, fondatore dell'Associazione Frega Project
Gabriele Capponi, fondatore dell'Associazione Frega Project
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
3 maggio 2023 Aggiornato alle 16:00

«Volevamo normalizzare la presenza delle persone con disabilità a eventi pubblici come festival, eventi, concerti, mostre, e posti dove tante volte, per via di barriere sociali, culturali o fisiche, non riescono ad accedere». È così che, un giorno di 5 anni fa, Gabriele Capponi ha creato Frega Project, associazione per promuovere progetti di inclusione sociale, specie tramite la musica elettronica, e fornire supporto pratico e organizzativo per la realizzazione di sogni e desideri di giovani con disabilità.

L’idea di dare vita a questo progetto gli è balenata a 120 km da casa sua: lui, originario di La Spezia, si è trasferito a Parma, dove ha costruito una nuova vita. È successo dopo che, nell’estate del 2008, ha subito un incidente mentre era in vacanza in Sardegna. «Sono stato un annetto a fare riabilitazione. Mi hanno insegnato a vivere in un altro modo, ho imparato tante cose: dal muovermi in sedia, a utilizzare il computer. Ora sono passati quasi 15 anni». Dopo l’incidente ha finito le superiori, ha frequentato l’università, si è laureato in Economia e ha conseguito una laurea specialistica in Trade Marketing.

Frega Project è nato «appena dopo la fine della magistrale. All’epoca, insieme a un gruppo di amici, giravo molto per festival ed eventi simili, e notavo come le persone si meravigliassero del fatto che io fossi lì con loro. Da qui è nata l’idea di creare eventi che potessero essere accessibili a tutti». Capponi inizia un percorso da deejay, impara a suonare la consolle, «prima un modello “autocostruito”, poi quella “normale”», e con gli amici di sempre inizia a organizzare eventi nel 2018. «Abbiamo fatto il giro dei locali dell’Emilia Romagna, per poi spostarci a Milano, dove siamo stati accolti in un centro che si chiama “Il tempio del futuro perduto”, in Fabbrica del Vapore, dove abbiamo uno spazio tutto nostro e non solo organizziamo eventi, ma operiamo anche a livello sociale».

Quello di cui si sono occupati per anni, infatti, è stato realizzare i sogni «dei ragazzi e delle ragazze come me, che hanno avuto incidenti, oppure malattie: le persone si iscrivevano, chiedevano di fare alcune attività, un po’ stile make a wish, e noi rendevano tangibili i loro desideri. Qualcuno voleva conoscere persone famose, altri fare sport estremi. Poi ci siamo resi conto di come fosse un po’ limitante la cosa, perché ci rivolgevamo a un numero di persone minimo, ovvero a quelli che avevano voglia di mettersi in gioco e scriverci». E così hanno deciso di spostare il focus su eventi aperti a tutti, senza discriminazioni. Per farlo, scelgono la musica elettronica.

«Quando andavo ai festival italiani e internazionali con i miei amici, grandi appassionati di questo genere, non mi sono mai sentito discriminato: eravamo tutti lì per la musica. Questa è stata una grossa riabilitazione sociale per me. Così abbiamo fatto un esperimento, anche per sdoganare la figura della persona disabile “reclusa” agli eventi in quelli che io chiamo i “recinti”, dove a volte vengono obbligate ad andare quando assistono a un concerto, per esempio».

Sul sito scrivono che l’ideale di Frega Project è “valorizzare uno stile di vita improntato a un irriverente disinteresse verso i problemi e gli ostacoli della quotidianità”. Un “chissenefrega” della sedia a rotelle, delle difficoltà. Ma con un focus su ciò che si può fare, su ciò che si vuole realizzare, al contributo che tutti possono portare alla comunità.

A fine aprile Frega Project ha organizzato un evento gratuito, Frega Keep Dreaming, al Labirinto della Masone a Fontanellato (in provincia di Parma), a cui hanno partecipato circa 2.300 persone. «Se ne erano registrate tra le 4.000 e le 5.000, ma abbiamo dovuto fare i conti con la capienza e lasciarne moltissime fuori, purtroppo», spiega Capponi a La Svolta. Un centinaio di partecipanti avevano disabilità evidenti o invisibili, «compresi i volontari e le volontarie che ci hanno aiutato a gestire questioni tecniche e non durante la serata».

Grazie alla collaborazione di numerosi partner, tra cui Anmic Parma, il Centro Cardinal Ferrari - Gruppo KOS, dove Capponi svolge la sua riabilitazione con vari metodi innovativi, tra cui la realtà aumentata, e con il bando Cultura di Fondazione Cariparma e il patrocinio dei Comuni di Parma e Fontanellato, sul palco si sono alternati dj italiani e internazionali, con disabilità e non, “sperando che questo diventi normalità e non eccezione”, ha spiegato l’Associazione Frega Project.

All’estero questo è già realtà: «In Svizzera, ma soprattutto in Germania, tutti i locali sono preposti all’accesso delle persone con disabilità, e le persone non hanno alcun pregiudizio se ti vedono sopra o sotto il palco - spiega Capponi - Quando suono, a volte, cerco di nascondere la mia carrozzina perché spesso mi è capitato di essere valutato in modo iper positivo per le mie esibizioni solo perché stavo sulla sedia a rotelle. Io voglio essere giudicato per la mia musica, non per la mia disabilità».

Per abituare alla presenza di persone con disabilità, è fondamentale la comunicazione, che «educa ancora prima di accedere all’evento: è quello che dovrebbero fare tutte le realtà di questo tipo ed è utile sia alla persona con disabilità che a quella che non ce l’ha». Per questo Frega Project cerca di dare input a Comuni e istituzioni. È questione di capire che «ci sono altri che vivono la vita in modo diverso, ma non per questo devono essere discriminati. E di incentivare le persone a partecipare agli eventi: quando io, persona con disabilità, vado a una manifestazione, a un concerto, a una mostra, devo essere certo che sia accessibile. Che ci siano ingressi dedicati. Che ci siano bagni accessibili. Che le persone che lavorano con il pubblico siano preparate, che quelle che partecipano sappiano della nostra esistenza». Perché, spiega Capponi, «ci siamo anche noi. Ma davanti alla consolle non c’è differenza».

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