Economia

Quanto sognano di guadagnare gli italiani?

In base ai dati emersi dal Salary Satisfaction 2023, 3,8 punti su 10 è il livello di soddisfazione dei lavoratori della Penisola quando guardano al loro stipendio
Credit: Crazy Motions
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28 aprile 2023 Aggiornato alle 18:00

Il Salary Satisfaction 2023, uno studio condotto dall’Osservatorio JobPricing in collaborazione con InfoJobs, fornisce una visione completa sul livello di soddisfazione riguardante i salari dei lavoratori italiani.

Ad influire su questo giudizio negativo è sicuramente il forte aumento del tasso di inflazione, 8,1% nel 2022, un dato eccessivamente alto se si considera che l’inflazione media nel 2021 era invece del 1,9%.

Ma 3,8 non è il dato più basso registrato, infatti il livello di soddisfazione tende a calare ancora di più arrivando a 2,7 punti se si parla di lavoratori in possesso di una retribuzione fissa.

È poi ovvio, che i riscontri invece più positivi si hanno se si osserva l’insieme di lavoratori con livello retributivo più alto, come per esempio dirigenti, che assegnano un punteggio che si aggira tra 5,7 e 4,8 punti su 10 o i direttori della grandi aziende, che si mantengono più bassi con un punteggio di 4,3.

La soddisfazione sale anche nel caso in cui il pacchetto retributivo unisce alla Ral altri elementi tangibili, come retribuzione variabile, benefit, welfare e altri premi monetari salendo così a un punteggio di 5,1 punti e arrivando a 5,3 con l’aggiunta di incentivi di lungo termine.

Dall’analisi fatta sui 1.600 lavoratori, emerge inoltre che durante il periodo del Covid-19, i dipendenti tendevano, anche se insoddisfatti, a mantenere un giudizio più razionale considerando le difficoltà oggettive e imprevedibili della crisi sanitaria, assegnando un punteggio di 5,1 punti su 10.

Questa capacità di mascherare la vera insoddisfazione, non è durata però a lungo.

Infatti analizzando il livello di soddisfazione in questo periodo, in cui molti cambiamenti nel livello dei salari sono dovuti all’effetto della guerra in Ucraina, si ha una diminuzione del punteggio che arriva a 4,2 punti su 10.

Se si indaga invece sulle aspettative future dei lavoratori, l’analisi effettuata evidenzia che il dato peggiore è legato all’aumento della retribuzione, con un alto livello di pessimismo, infatti l’indice di fiducia è pari a 3,8 punti e più di 2 lavoratori su 3 non si ritengono ottimisti, se si guarda ai miglioranti per il prossimo anno.

Ma se si trattasse di voler cambiare lavoro?

Sotto questo punto di vista, 2 lavoratori su 3 tendono a seguire un miglioramento della busta paga nella scelta di un nuovo lavoro, 1 su 2 considera le prospettive di sviluppo di carriera e infine 1 su 3 considera l’equilibrio vita-lavoro.

Sempre il Salary Satisfaction ha creato una tabella, con i dati riguardanti i fattori più importanti che un lavoratore tiene in considerazione nella scelta di un posto di lavoro, in un trend che va dal 2017 al 2023.

Lavorare innanzitutto, significa avere a che fare con altre persone, e appunto le relazioni interpersonali positive con capi, colleghi e collaboratori hanno registrato un aumento, ottenendo un punteggio del 8.9, con lo stesso andamento si riscontra il livello di retribuzione fissa con un punteggio di 8,9.

Alcuni punteggi sono rimasti però invariati nel corso degli anni e riguardano: la possibilità di sviluppo in carriera (8,7 punti), il contenuto del lavoro ( (8,6 punti), la flessibilità degli orari (8,5 punti), il training e la formazione (8,2 punti), i servizi ai dipendenti (7,5 punti), l’ambiente di lavoro (7,2 punti) e la retribuzione variabile individuale (6,9 punti).

Due fattori invece, hanno ricevuto un incremento di giudizio nel trend 2017-2023, la retribuzione variabile aziendale contrattuale con un punteggio di 6,9 punti e altri premi non monetari come a esempio viaggi, buoni, benzina ecc. che ottengono un punteggio di 5,7 punti.

Infine un altro elemento da considerare sono le differenze di genere: le lavoratrici sono mediamente più insoddisfatte degli uomini in tutte le dimensioni osservate.

Nell’Ue le donne guadagnano in media il 13% in meno rispetto agli uomini e questo divario sembra essere rimasto immutato nell’ultimo decennio.

La condizione lavorativa femminile è andata peggiorando con la pandemia; secondo i dati raccolti nel IV rapporto Tendercapital-Censis, rientriamo fra gli ultimi in Europa per gender gap.

La percentuale di donne di età compresa tra i 15 e i 64 anni disponibili a lavorare è del 56,2% contro il 74,5% degli uomini.

Per l’occupazione invece si registra il 50,7% delle donne, contro il 68,8% di uomini.

Per i lavori in cui vengono coinvolte le donne, prevalgono situazioni di contratti a termine e part time precisante il 31,9% contro l’8,3% degli uomini.

Il tasso di disoccupazione femminile registra un tasso del 9,6% contro il 7,4% maschile.

Di conseguenza nell’analisi svolta sul livello di soddisfazione lavorativa, 3,4 punti vengono assegnati dalle donne contro i 4 punti assegnati dagli uomini.

I divari più evidenti si riscontrano nelle dimensioni “performance e retribuzione” (3,2 delle donne contro 3,9 degli uomini) e “trasparenza” (3,7 delle donne contro 4,4 degli uomini).

Una sola cosa rimane invariata e accomuna donne e uomini: il livello di fiducia nel 2023, che rimane basso da ambo le parti.

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