Ambiente

Proteggere la Terra e le sue comunità: i vincitori del Nobel per l’Ambiente 2023

Dalla Turchia al Brasile, dalla Finlandia allo Zambia, ti raccontiamo le storie di chi difende la natura e che per questo ha ricevuto uno dei riconoscimenti più prestigiosi al mondo
Credit: via OneEarth.com
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26 aprile 2023 Aggiornato alle 15:00

Denunciano, proteggono, combattono. In comune, gli eroi ambientali, hanno spesso lo stesso obiettivo: non mollare mai, in nome della Terra. Se c’è da schierarsi contro le compagnie minerarie o multinazionali inquinanti, combattendo battaglie legali lunghissime e faticose, loro lo fanno. Se c’è da battersi per convincere ogni giorno Governi poco attenti alle tematiche ambientali, a cambiare opinione, loro sono in prima linea.

E a loro, quest’anno, è stato affidato il prestigioso Goldman Environmental Prize, uno dei premi più importanti al mondo destinato a persone che si impegnano nella protezione del Pianeta, o meglio, come sostiene Richard Goldman, filantropo e fondatore del premio, «persone di origini ordinarie che fanno cose straordinarie per salvare la nostra Terra».

I riconoscimenti consegnati quest’anno sono sei e destinati ad attivisti di tutto il mondo, dallo Zambia al Brasile, dalla Turchia alla Finlandia.

In Africa, Chilekwa Mumba, si è battuto contro l’operazione altamente inquinante della Konkola Copper Mines nella provincia di Copperbelt in Zambia. I danni dell’estrazione mineraria, che compromette salute di terreni e persone, non potevano essere imputati solo alle imprese locali, così Mumba ha intentato una causa per ritenere responsabile la società madre della miniera, la Vedanta Resources.

Davanti alla Corte Suprema del Regno Unito, Chilekwa ha vinto, stabilendo oltretutto un precedente legale: è stata la prima volta che un’azienda britannica è stata ritenuta responsabile per i danni ambientali causati dalle operazioni gestite da una filiale in un altro Paese.

Questo importante “precedente”, ottenuto grazie all’impegno di Mumba, è stato alla base anche delle accuse rivolte alla Shell Global per l’inquinamento in Nigeria. Altrove, sulle coste turche, l’uomo che salva le tartarughe - Zafer Kizilkaya - tira dritto e non si ferma: il suo scopo è proteggere più mare possibile e salvare le sue creature dagli impatti di sovrapesca e inquinamento. Insieme alle cooperative di pesca locali e alle autorità turche, Kizilkaya ha lavorato per ampliare la rete di aree marine protette (Amp) del Paese lungo 310 miglia della costa mediterranea e tre anni fa ha ottenuto l’approvazione da parte del Governo.

In questo modo nelle nuove aree designate, 135 miglia quadrate protette, sono stati introdotti divieti per le pericolose reti a strascico e in almeno 27 miglia quadrate è stata vietata del tutto la pesca in modo da dare una chance all’ecosistema marino di riprendersi dagli impatti di pesca eccessiva, illegale, sviluppo del turismo ed effetti della crisi climatica.

Anche nella Finlandia del nucleare e delle foreste, le battaglie ambientali come quella portata avanti dall’attivista Tero Mustonen si sono rivelate fondamentali. Dal 2018 Mustonen guida il ripristino di circa 62 ex siti minerari e forestali industriali, dove terreno e biodiversità sono stati gravemente danneggiati. Oltre 86.000 acri che Mustonen ha contribuito a trasformare in zone umide e habitat ricchi di vita, grazie alla materia organica presente nelle torbiere che tra l’altro sono pozzi di assorbimento del carbonio altamente efficaci.

In Indonesia invece Delima Silalahi si è battuta per garantire la gestione legale di 17.824 acri di foresta tropicale per sei comunità indigene nel nord di Sumatra. Il suo scopo era infatti quello di ridare “vita” sia alla terra sia ai legittimi proprietari. Una ditta che opera nel settore della carta aveva infatti convertito in piantagioni industriali di eucalipto, realizzando una monocultura non autoctona, buona parte del territorio.

Grazie a Delima le sei comunità indigene hanno potuto riprenderlo in mano, ripristinando le foreste e ricreando quei preziosi serbatoi di carbonio tipici di queste aree tropicali indonesiane ricche di biodiversità.

A battersi contro una grande azienda è stata anche Diane Wilson, statunitense che nel 2019 ha vinto una causa storica contro Formosa Plastics, considerata una delle più grandi aziende petrolchimiche del mondo. Wilson ha accusato l’azienda per lo scarico illegale di rifiuti di plastica tossici sulla costa del Golfo del Texas e ottenuto un accordo di 50 milioni di dollari, il più grande risarcimento in una causa civile contro un inquinatore industriale nella storia del Clean Water Act degli Stati Uniti.

Formosa Plastics ha accettato di raggiungere lo “scarico zero” dei rifiuti e pagare sanzioni fino alla cessazione degli scarichi, così come finanziare la bonifica delle zone umide e dei vicini corsi d’acqua.

Infine, in Brasile, a vincere il Goldman Environmental Prize è stata Alessandra Korap Munduruku, attivista che ha guidato le comunità di diversi territori amazzonici nella battaglia per fermare lo sviluppo minerario della società mineraria britannica Anglo American che opera nella foresta pluviale. Grazie all’impegno di Munduruku due anni fa la società ha deciso di ritirare 27 domande di ricerca approvate per estrarre all’interno dei territori indigeni, incluso il territorio di Sawré Muybu, fra i più estesi della zona.

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