Ambiente

Gli effetti di Fukushima sugli alberi

Dopo l’incidente del 2011 al reattore giapponese, le radiazioni hanno mutato la struttura di alcune conifere. Per sempre. Lo racconta uno studio dell’università di Tor Vergata
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8 febbraio 2022 Aggiornato alle 11:20

Il nucleare ha cambiato le piante facendole crescere in modo anomalo. È la conclusione a cui sono arrivati i ricercatori italiani dell’università di Tor Vergata in collaborazione con un gruppo di colleghi brasiliani. Gli esperti hanno cercato di comprendere come le radiazioni ionizzanti fuoriuscite dopo l’incidente avvenuto a Fukushima in Giappone 10 anni fa siano state in grado di cambiare o influire sulla vegetazione circostante ai reattori. Nel loro studio pubblicato sulla rivista Plants spiegano che a causa delle radiazioni ionizzanti in alcune conifere sono mutate piccole strutture oppure in altre si sono registrate meno germogli del previsto. Mentre in Europa si sta ancora attendendo un sì definitivo all’inserimento della tecnologia nucleare nella tassonomia verde, in sostanza per agevolare gli investimenti nel nucleare come “energia pulita”, il continuo studio degli effetti degli incidenti passati - come Chernobyl e Fukushima - fornisce informazioni sui potenziali impatti a lungo termine dei disastri e le conseguenti radiazioni. Analizzando la flora vicina alla centrale nucleare Dai-ichi (FNPP) che fu colpita da un terremoto e conseguente tsunami nel 2011, gli scienziati hanno notato anomalie negli anni riguardanti alcune piante. In particolare sostengono che la radiazione ionizzante può influire sui verticilli, le neoformazioni, le ramificazioni, gli inserimenti fogliari e in generale i vari punti da cui partono foglie, petali, aghi diffondendosi da un punto centrale. In molti casi hanno notato che invece di ramificare come previsto mostravano crescite irregolari e in alcune situazioni anche l’eliminazione dei germogli. Cambiamenti che non si osservavano a esempio nelle stesse specie distanti dalla centrale. Per gli esperti c’è infatti una correlazione fra il numero di strane mutazioni e l’incidente: sono «direttamente proporzionali alla dose di radiazioni ionizzanti a cui erano state esposte le conifere» scrivono nel loro paper Andrea Malizia, Gian Marco Ludovici, Andrea Chierici, Susana Oliveira de Souza, Francesco d’Errico e Alba Iannotti.Un’altra anomalia riguarda poi l’eliminazione di germogli per esempio negli abeti e negli esemplari giovani di pini rossi giapponesi. Per gli esperti è accaduta più spesso dalla primavera del 2012, con picchi nel 2013. Lo studio mette dunque in luce le possibili anomalie generate dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti che possono alterare la struttura delle conifere e rimarca similitudini con quanto accaduto agli alberi di pino silvestre nella zona intorno alla centrale nucleare di Chernobyl dopo l’incidente del 1986.«Queste conifere hanno mostrato ramificazioni irregolari sulle spirali dell’asse principale» ricordano gli esperti e «la frequenza di queste anomalie corrispondeva al tasso di dose di radiazioni ambientali nei siti osservati. Sono passati 10 anni dall’incidente di Fukushima e gli effetti su larga scala sono ancora visibili. Le ripetute radiazioni ionizzanti, acute o croniche, garantiscono un adattamento della specie vegetale, dimostrando una radioresistenza. Di conseguenza, le radiazioni ionizzanti influiscono sulla struttura genetica, soprattutto durante l’irradiazione cronica, riducendo la variabilità genetica. Questa riduzione è associata alla diversa suscettibilità delle specie vegetali allo stress cronico».I ricercatori italiani e brasiliani concludono infine spiegando «questo lavoro vuole sottolineare quanto sia importante curare le lezioni apprese durante gli eventi nucleari per migliorare continuamente i piani di gestione dell’emergenza e le capacità di monitorare le condizioni di salute di tutte le persone esposte. Questo approccio è fondamentale per ridurre i fattori di rischio e fornire una migliore aspettativa di vita».

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