Ambiente

Anche l’università scende in campo contro la crisi climatica

Dagli Stati Uniti all’Europa, molti istituti stanno adottando politiche per accelerare la transizione ecologica tra i banchi. In Italia, spicca l’ateneo di Bologna
Credit: Parker Gibbons
Tempo di lettura 4 min lettura
11 aprile 2023 Aggiornato alle 14:00

Anche le politiche di contrasto alla crisi climatica sono determinanti per la scelta dell’università.

Negli Stati Uniti ben 413 scuole superiori, vale a dire il 30% degli studenti, hanno aderito a un’iniziativa dell’organizzazione Second Nature, per accelerare la transizione ecologica tra i banchi.

Anche i campus che accoglieranno i giovani nei prossimi anni si stanno preparando alla sfida dell’abbattimento delle emissioni. Se oltreoceano qualcuno ha già raggiunto la carbon neutrality, si stanno facendo i primi passi anche in Europa.

Secondo l’UI GreenMetric World University Ranking, sono diversi gli atenei che stanno attuando strategie di decarbonizzazione. Nella classifica delle università più green del 2022 all’ottavo posto, dietro Brema, c’è anche l’università più antica d’Italia, quella di Bologna.

Si piazzano nelle prime venti posizioni anche la Luiss di Roma, il Politecnico e la Statale di Torino.

Tra i parametri valutati ci sono la presenza di verde nei campus; l’efficienza energetica e l’adozione di fonti di energia rinnovabile; le iniziative per favorire il riciclaggio e la riduzione dei rifiuti; il consumo d’acqua; la promozione dei mezzi pubblici e di mobilità sostenibile; l’informazione sulla crisi climatica.

A far salire le quotazioni emiliane, in particolare, sono stati i suoi corsi di laurea e master in materie verdi, come l’agricoltura sostenibile o l’economia delle risorse. L’Ateneo inoltre incoraggia gli studenti ad adottare scelte di vita più sostenibili, regalando bottiglie d’acqua riutilizzabili o offrendo trasporti pubblici sovvenzionati.

Alla guida della classifica europea dei campus ambientalisti invece c’è, dal 2017, l’Università di Wageningen, nei Paesi Bassi. Tutte le lezioni affrontano il tema della sostenibilità e c’è un longevo programma di informazione su “cibo sano e ambiente di vita”.

L’Università britannica di Nottingham Trent si piazza invece seconda, grazie al suo impegno per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu per il 2030. Invece quella di Nottingham, da non confondere nonostante la somiglianza del nome, ha un bosco e ampi spazi verdi, oltre a un laboratorio carbon neutral, il Center for Sustainable Chemistry.

Gli Stati Uniti però non stanno a guardare, con esempi green ancora più sorprendenti. Il College di arte del Minnesota a Morris copre il 70% del suo fabbisogno elettrico con

un mix di turbine eoliche, un impianto di gassificazione della biomassa, e pannelli solari, uniti all’agricoltura, secondo il principio dell’agrivoltaico. Ogni anno la scuola produce più elettricità del necessario, ben 10 kilowatt all’anno, e dal 2020 è carbon neutral. Un risultato invidiabile e ancora lontano in Europa.

Tra i progetti più interessanti c’è poi quello dell’Università dell’Ohio. Le quasi 5 tonnellate di cibo scartato, che proviene dalla mensa o dalle aree circostanti, vengono convogliate in un impianto di compostaggio, che lo trasforma in terreno ricco di sostanze nutritive. Ciò comporta un risparmio di circa 14.000 dollari per la discarica ogni anno, secondi i dati dei funzionari. Dal 2009 inoltre è attivo nel campus un impianto solare e c’è un sistema di raccolta dell’acqua piovana.

La Ball State University in Indiana invece non utilizza più il carbone per riscaldare gli studenti, ma la più grande centrale geotermica del Paese, collocata sotto la scuola. Questo esempio positivo, che permette al campus di risparmiare 3 milioni di dollari ogni anno, è stato emulato da 65 istituti superiori.

In Iowa si punta tutto sulla biomassa, prodotta bruciando gli scarti agricoli e l’avena raccolta nei campi a poca distanza dall’Università. Dal 2020 più del 40% dell’energia che alimenta il campus è rinnovabile e ora l’obiettivo è rinunciare del tutto al carbone entro il 2025.

La decarbonizzazione però non è alla portata solo dei college più piccoli. Per i più grandi le difficoltà sono maggiori. Secondo uno studio del Mit, emettono una quantità circa quattro volte superiore di emissioni per studente.

L’Arizona State University (frequentata da 75.000 giovani) ha però azzerato nel 2019 le sue emissioni, con sei anni di anticipo rispetto all’obiettivo del 2025. Ci è riuscita efficientando gli edifici del campus e installando 90 impianti solari, che coprono il 77% dell’energia della struttura.

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