Ambiente

La scomparsa degli impollinatori causa oltre 500.000 morti l’anno

Secondo il nuovo studio pubblicato su Environmental Health Perspectives il declino degli insetti ha ridotto la produzione di frutta e verdura. Con pesanti ripercussioni sulla nostra salute
Credit: David Clode

Si dice che Einstein abbia dichiarato che “se le api dovessero scomparire dalla Terra all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.

In realtà questa frase non è mai stata né scritta né pronunciata dal celebre fisico, e sembra sia una rielaborazione di quanto scritto dal poeta e scrittore belga, premio Nobel per la letteratura nel 1911, Maurice Maeterlinck, nel suo La vita delle api del 1901.

Nell’opera, Maeterlinck affermava che qualora le api fossero scomparse, più di 100.000 varietà di piante avrebbero cessato di esistere.

Se già questa possibilità è abbastanza sconcertante, lo è ancora di più quanto affermato da un recente studio pubblicato su Environmental Health Perspectives secondo il quale il declino nel numero di insetti impollinatori sarebbe correlato alla morte di circa mezzo milione di morti l’anno.

Se gli impollinatori scompaiono, la nostra salute peggiora

Circa il 75% del cibo di cui ci nutriamo noi Homo sapiens, infatti, proviene da appena una dozzina di colture e cinque specie animali.

In particolare, tre quarti delle colture a livello globale richiedono il servizio di impollinazione da parte degli insetti pronubi - quelli che, per l’appunto, trasportano il polline da un fiore all’altro - le cui popolazioni sono ovunque in forte declino.

A minare la loro esistenza sono il cambiamento dell’uso del suolo e la conseguente distruzione dei loro habitat, la predilezione per le monocolture, l’eliminazione di siepi e aree di ristoro nonché l’inquinamento ambientale in cui rientra l’uso massiccio di fitofarmaci, e i cambiamenti climatici.

La nuova ricerca evidenzia come il declino degli impollinatori abbia causato una diminuzione del 4,7% nella produzione di frutta e noci e del 3,2% di verdura. Tutti alimenti che hanno un impatto positivo per sulla salute umana e che sono in grado di ridurre la mortalità causata da malattie cardiache e respiratorie croniche, cancro, infarto e diabete. Ecco perché, il loro minor consumo, determinato da una ridotta disponibilità, è stato correlato per la prima volta all’1% dei decessi a livello globale.

Gli impatti maggiori si stanno registrando nei Paesi a medio reddito, come Cina, India, Russia e Indonesia, dove le malattie cardiache, l’ictus e i tumori erano già prevalenti e correlati a regimi alimentari carenti, tabagismo e un basso livello di esercizio fisico.

Così come in Indonesia, Vietnam e Birmania dove il consumo di frutta e verdura è diminuito del 7%-15% a causa del declino degli impollinatori. I Paesi industrializzati, invece, risulterebbero a oggi abbastanza estranei al fenomeno visto che un aumento dei prezzi degli alimenti più salutari, determinato dalla loro minore reperibilità sul mercato, non andrebbe comunque a influire sulla scelta di consumo della maggior parte delle persone che, semplicemente, possono permetterseli con più facilità.

La vita complicata degli impollinatori europei

In Europa, l’esistenza di circa l’84% delle specie coltivate e il 78% delle specie a fiore selvatiche dipende da questi organismi, per un valore economico relativo al solo comparto agricolo assolutamente impressionante visto che, secondo la Commissione europea, ogni anno gli insetti impollinatori generano 15 miliardi di euro.

Senza contare che negli ultimi 50 anni la produzione agricola ha beneficiato di un incremento di circa il 30% grazie al contributo diretto degli insetti impollinatori.

Eppure, più del 40% delle specie di invertebrati, in particolare api e farfalle, che garantiscono l’impollinazione, rischiano di scomparire; in particolare, proprio in Europa quasi la metà delle specie di insetti è in grave declino e un terzo è in pericolo di estinzione.

Tra queste il 9,2% delle specie di api europee, la cui scomparsa metterebbe a rischio non solo la sopravvivenza delle piante ma renderebbe insostenibili gli attuali livelli di produttività che, per quanto ci possa sembrare assurdo vista la nostra tendenza a pensare di poter sostituire con il genio ingegneristico ogni meccanismo naturale, sono impossibili da raggiungere se non a costi altissimi – attraverso l’impollinazione artificiale.

Che mondo sarebbe senza impollinatori?

In un mondo che, secondo le Nazioni Unite, si appresta a ospitare 8,5 miliardi di persone entro il 2030 e a superare i 10 miliardi nel 2100, risolvere il problema dell’approvvigionamento di cibo rimane una priorità su scala globale e, nel farlo, è ormai evidente come sia necessario partire dalla tutela di quegli organismi che, ogni giorno e a titolo completamente gratuito, consentono la sopravvivenza del 75% delle piante di cui ci nutriamo.

Leggi anche