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Il rugby dice no al body shaming

Alfie, piccolo rugbista irriso in Rete per la sua forma fisica, e la splendida reazione del mondo sportivo. Che ha risposto con un duro placcaggio agli haters
Credit: Darya Tryfanava
Tempo di lettura 3 min lettura
26 gennaio 2022 Aggiornato alle 19:00

Quando metti piede per la prima volta su un campo da rugby, fin da bambino, la prima cosa che ti dicono è che c’è posto per tutti. Non importa che tu sia lento o veloce, alto o basso, piccolo o grande: ci sarà un ruolo per te. Chi ha tenuto in mano la pallaovale almeno una volta, o segue da vicino il mondo del rugby, lo sa bene: evidentemente gli stupidi no. Ma il rugby per l’ennesima volta ha risposto agli idioti con un placcaggio duro, a ribaltare, di quelli che non si scordano facilmente.

Pochi giorni fa Mark Pugsley, il padre di un piccolo giocatore di 11 anni, ha postato la foto di suo figlio su internet, ritratto mentre stava giocando una partita in una squadra gallese di under 12. Mark è il fan numero uno di suo figlio Alfie e il primo a sostenerlo, per cui nel postare una sua foto con tanto di incoraggiamento per la partita non dovrebbe esserci nulla di strano. Peccato, però, che dopo aver visto l’immagine di Alfie alcuni idioti abbiano cominciato a insultare il piccolo per la sua forma fisica, a bullizzarlo. Con parole talmente dure che, con un successivo post, il padre Mark ha spiegato di aver dovuto rimuovere la pubblicazione.

“Se solo la gente sapesse quanto lavora duramente per rimettersi in forma e quanto è bassa la sua fiducia. Non preoccuparti, Alfie, sarò sempre il tuo più grande fan” ha scritto suo papà nel post. Se la Rete toglie, la Rete però dà: il mondo del rugby alla vicenda del piccolo Alfie ha risposto in maniera straordinaria, con un bel placcaggio in pieno petto al body shaming e una meta in mezzo ai pali dell’inclusione, anima di questo sport.

In poche ore, infatti, Alfie e suo padre hanno ricevuto un sostegno planetario: dagli All Blacks, la squadra della Nuova Zelanda fra le più forti del mondo, ad arbitri come Nigel Owens, simbolo della pallovale e difensore dei diritti. E poi campioni di tutti i continenti come Jerome Kaino, Liam Williams, Lousi Rees-Zammit, Agustin Creevy e tantissimi altri. Alfie è diventato perfino l’icona di un fumetto e il tweet di suo padre, ormai virale, in poche ore ha ricevuto migliaia di like.

Per chiunque, giocatore o appassionato, è stata l’occasione di ricordare che il rugby, e in generale lo sport, è per tutti. A sostegno di Alfie poi sono arrivate decine di testimonianze di ex giocatori che hanno raccontato di quando da piccoli, per la loro forma fisica o altri motivi, sono stati presi di mira o si sono sentiti inadeguati. Niente di più sbagliato, gli ha ricordato Matthieu Jalibert, apertura della Francia che fra pochi giorni proverà a conquistare il Sei Nazioni: “Mi sono sempre sentito dire che ero troppo piccolo, troppo magro, troppo sottile. Non perdere mai la speranza, credi nei tuoi sogni” ha scritto il francese ad Alfie.

Da World Rugby alle squadre di tutte le categorie è stata una valanga di “sostegno”, una delle regole basi del rugby. Infine sono stati tanti i genitori che hanno deciso di postare le foto dei loro figli in campo a ricordare ancora una volta che non importa che tu sia alto, basso, lento o veloce, mingherlino o robusto: nel rugby c’è posto per tutti.

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