Diritti

Lo sport è cultura. Incontrarlo è un diritto

Lo scorso 28 ottobre la Sottosegretaria allo sport Valentina Vezzali annunciava le norme per l’insegnamento nella scuola primaria dell’educazione motoria. Ma senza interventi strutturali, e un budget a disposizione, cosa cambierà?
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5 gennaio 2022 Aggiornato alle 07:00

“Il COVID deve insegnarci qualcosa”. Ce lo siamo detti tante volte quando, stremati come in questi giorni dalle ondate di un virus che speravamo arginato, abbiamo provato a trovare qualcosa di positivo.

Così, tra le prime e imperdibili lezioni ai Governi avrebbe dovuto esserci quanto l’attività motoria sia un bene imprescindibile per i cittadini e le cittadine, memori della sofferenza di un lockdown che ci ha costretti su divani e poltrone e a cercare le scuse più improbabili per muovere due passi all’aperto. Stiamo parlando di sport, sì, ma non quello concepito solo ed esclusivamente come competizione per primeggiare e mostrare la superiorità sull’altro o sull’altra (concetto questo forse un po’ viziato dal machismo di cui la nostra cultura ci appare sempre più intrisa), bensì come quel sano e meraviglioso muoversi per mantenere contatto con il nostro corpo, la nostra psiche, la natura o con gli amici e compagni di squadra: un’attività che andrebbe insegnata come tassello imprescindibile del nostro modo di vivere e forzata a essere parte della nostra cultura, per bilanciare la sedentarietà cui i nuovi mezzi digitali stanno disastrosamente portandoci.

E che pure, oltre al benessere individuale, porterebbe a risparmiare milioni e milioni di euro di spesa pubblica della Sanità: fanno allarmare gli ultimi dati sui tassi sull’obesità infantile (il 9,4%, vicino al dato degli Stati Uniti!), ma anche quelli sul sovrappeso generale della popolazione, così come i dati relativi alle malattie cardiovascolari e tutte quelle legate alla sedentarietà.

Ebbene, avevamo dunque esultato quando lo scorso 28 ottobre la Sottosegretaria allo sport Valentina Vezzali aveva annunciato in pompa magna l’inserimento proprio in Legge di Bilancio delle norme per l’insegnamento nella scuola primaria dell’educazione motoria. Un bel cambio di rotta finalmente: non più solo soldi al prestigio alle vittorie e ai campioni, ma una vera spinta verso la salute collettiva e a stili di vita sani, grazie a un lavoro non occasionale e operato da personale qualificato.

Poveri romantici illusi che siamo: nella Legge di Bilancio il Governo si “dimentica” una cosina, anzi due: i soldi e l’aumento dell’organico nelle scuole. La realtà è evidente: nessun vero intervento strutturale, nessuna giusta collocazione dei laureati in scienze motorie per far fare attività ai nostri figli e figlie, nessuna presa di coscienza sul fatto che se i nativi digitali lo sport lo vedono solo su videogiochi o su tiktok, non potremo che avere milioni di ragazzine e ragazzini in sovrappeso, vittime predestinate del body shaming prima, e di una miriade di malanni dopo.

Chi ha seguito la candidatura della bi-olimpionica Antonella Bellutti, alle elezioni della Presidenza del Coni, sa che questo era il valore che la prima candidata donna (a mio parere non a caso…) prometteva di abbracciare: soldi pubblici spesi non solo per la rincorsa alle vittorie e al Medagliere, ma un sistema sportivo cha alla base abbia anche altri parametri tra cui la salute dei propri cittadini e cittadine.

Lo smacco alla Vezzali sull’insegnamento delle scienze motorie nella scuola primaria è una brutta pagina per tutto il Parlamento, ma lo è anche per la Governance a due teste dello sport italiano, CONI e Sport e Salute. Non avere la forza politica di portare l’attività motoria nelle scuole e cambiare questa cultura è una sconfitta per tutti, e certamente non rimediabile con il “contentino a costo zero” di inserire la parola Sport nella nostra Costituzione o con una parata di successi che arrivano quasi esclusivamente dai Gruppi Sportivi militari che costano alla collettività circa 50 milioni di euro all’anno.