Ambiente

Il Po in secca minaccia la sicurezza alimentare della Pianura Padana

Secondo il presidente di Anbi, Francesco Vincenzi, servono nuove infrastrutture per garantire riserve d’acqua omogenee. Con un equilibrio tra il Nord siccitoso e il Centro Sud, colpito da fenomeni alluvionali
Credit: ANSA/ Andrea Fasani
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31 gennaio 2023 Aggiornato alle 07:00

Non basta la pioggia a salvare il Po dalla siccità.

Lo si attesta nel report settimanale sulle risorse idriche dell’Osservatorio Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue): “al Nord Italia la crisi idrica è endemica mentre al Centro Sud riappare lo spettro alluvionale”.

Non sembrano quindi esserci vie di mezzo e “senza nuove infrastrutture la situazione” diventerà “sempre più grave”. Bisogna crearne di adeguate «per garantire omogenee riserve d’acqua al Paese – ha affermato il presidente del gruppo Francesco Vincenzi - Pena l’abbandono di qualsiasi prospettiva di autosufficienza alimentare».

Il Piemonte è il simbolo della sofferenza idrica della parte settentrionale del Paese. A dispetto del meteo, che ha previsto nevicate e altre precipitazioni, i livelli dei fiumi del Nord Ovest sono in calo.

Le acque del Sesia sono praticamente dimezzate, anche se l’emergenza maggiore è quella del Po.

A Torino la sua portata è inferiore del 50% rispetto ai livelli considerati normali, mentre in altre stazioni di rilevamento, tra la Lombardia e l’Emilia Romagna, si registra addirittura un -80%, con una discesa ai minimi storici nei pressi di Piacenza.

I livelli sono più bassi persino di quelli dello scorso anno, nel quale il Grande Fiume aveva sperimentato una secca durissima. Questa condizione critica è diventata endemica: «si trascina da Dicembre 2020 con effetti sull’economia agricola, nonché agroalimentare della principale food valley italiana, la Pianura Padana», spiega Vincenzi.

In Veneto l’Adige “ristagna”, ma è la Livenza a battere il record la decrescita più veloce: -86 centimetri in una settimana.

L’Adda, in Lombardia, ha toccato il livello più basso degli ultimi anni, superando persino quello raggiunto nel siccitoso 2017.

La neve ha portato un po’ di sollievo alle riserve idriche settentrionali: ne sono caduti 951,9 milioni di metri cubi. La cifra è inferiore di quasi la metà alla media stagionale di 1644,7, secondo i dati Arpa, ma fa segnare un +6% sul 2022. A beneficiarne è stata soprattutto la Valle d’Aosta, con la Dora Baltea che ha quasi quintuplicato la sua portata

Anche i grandi laghi del Nord soffrono, ma arriva una buona notizia dal Piemonte.

Per la prima volta dopo molti mesi, i bacini del Verbano, per esempio il lago Maggiore, superano lo zero idrometrico, cioè la quota minima convenzionale di altezza sul livello del mare. Non è invece in salute il lago di Garda. I suoi volumi sono dimezzati rispetto all’anno scorso e la stessa tendenza si registra anche nel vicino lago d’Iseo.

I dati sono altalenanti sull’Appennino romagnolo, una delle zone più colpite dall’ondata di gelo che ha travolto il Centro Italia negli ultimi giorni.

Sono infatti sopra la media i fiumi Reno, Savio e Lamone, mentre Secchia, Enza e Trebbia rimangono a secco. In Toscana, nonostante le forti piogge e i 60 cm di neve sull’Abetone, l’Arno è in calo e il Serchio ha ridotto la sua portata di oltre il 60%.

Analizzando i dati più a sud, il panorama è radicalmente diverso.

Le precipitazioni nelle Marche, con 130 millimetri a Senigallia, hanno fatto temere nuove alluvioni, dopo quelle tragiche dell’autunno 2022.

Sono state però utili ai fiumi: in una settimana i volumi dei corsi d’acqua principali sono cresciuti di 7 milioni di metri cubi. Gli effetti di piogge e nevicate si sono fatti sentire anche in Umbria: dopo mesi il lago Trasimeno si è allontanato dal livello di guardia. Anche il Tevere è in crescita, così come gli altri fiumi e laghi tra Lazio e Abruzzo.

Anche la Campania è stata colpita da diverse ‘bombe d’acqua’, raggiungendo anche i 100 millimetri di pioggia in 24 ore. Tra Caserta e Benevento i livelli di Calore, Sarno e Volturno sono cresciuti di 6 metri in meno di due giorni, inondando strade e città. Questi eventi alluvionali «che, seppur circoscritti, hanno comportato ingenti danni, ripropongono l’altra faccia di una difficile gestione idraulica», afferma Massimo Gargano, Direttore generale di Anbi.

Per «trasformare la minaccia in risorsa» serve investire in infrastrutture, come dighe, bacini e invasi, che contengano l’acqua in eccesso e permettano di riutilizzarla nelle zone dove c’è carenza.

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