Diritti

Il lavoro di cura è ancora gratuito

In Uk sono 5 milioni i caregivers che forniscono assistenza non retribuita. In Italia stime non ufficiali parlano di più di 3 milioni, ma manca una legge. Intanto, il Governo ha approvato il “Patto per la Terza età”
Credit: John Moeses/unsplas
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
23 gennaio 2023 Aggiornato alle 13:00

Milioni di persone nel Regno Unito forniscono assistenza non retribuita a individui con condizioni di salute a lungo termine o problemi legati alla vecchiaia. L’ha rilevato il censimento che l’Office for National Statistics effettua ogni 10 anni e fornisce un quadro di tutte le persone e le famiglie in Inghilterra e Galles. I dati relativi ai caregivers (in Italia li chiamiamo anche “badanti”) dicono che circa il 4,7% della popolazione spende almeno 20 ore a settimana a occuparsi di altre persone senza che lo Stato gli riconosca una retribuzione: si tratta di circa 5 milioni di persone. Quelle che trascorrono più di 50 ore alla settimana prestando assistenza non retribuita sono 1,5 milioni.

Secondo una recente ricerca di Carers UK, il principale ente di beneficenza nazionale per i caregivers non pagati, su oltre 12.000 badanti non retribuiti, un quarto sta risparmiando su cibo e riscaldamento, un terzo ha riferito di avere avuto ripercussioni sulla salute mentale e di ridurre tempo libero, hobby e incontri con gli amici. Tra il 2021 e il 2022 il fenomeno è fortemente aumentato, anche se è diminuito il numero totale di caregivers non pagati: secondo l’Ons questo fattore potrebbe essere dovuto al fatto che, nel censimento, la domanda è stata inquadrata in modo diverso ed è stata posta durante la pandemia, ovvero quando le restrizioni Covid hanno ridotto i viaggi e limitato le visite alle persone non appartenenti alla proprio famiglia, e si è registrato un maggior numero di decessi tra gli anziani. Questi fattori potrebbero aver ridotto il bisogno di cure.

In Italia le stime non ufficiali indicano che esistono più di 3 milioni di “caregiver familiari”, di cui 65% donne di età compresa tra i 45 e i 55 anni, che spesso svolgono anche un lavoro fuori casa o sono state costrette ad abbandonarlo (si tratta del 60% dei casi). Come spiega l’Istituto Superiore di Sanità, la figura del caregiver familiare, a differenza di quanto successo in altri Paesi europei, non è ancora stata riconosciuta a livello legislativo. Le conseguenze di questo elevato carico assistenziale - peraltro non tutelato - spesso si ripercuotono negativamente anche sulla salute e sul benessere delle persone che si prendono cura di familiari non autosufficienti o con patologie croniche invalidanti.

Il 19 gennaio il Consiglio dei Ministri ha approvato con procedura d’urgenza il decreto per la riforma delle politiche per gli anziani, in particolare quelli non autosufficienti. In Italia sono più di 13 milioni le persone che appartengono alla fascia d’età over 65. «Sono tanti gli interventi che verranno messi in cantiere dal punto di vista sanitario, sociale, assistenziale e relazionale», ha commentato la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, «con l’obiettivo di prendersi cura degli anziani a 360 gradi e rispondere a tutti i loro bisogni ed esigenze». Questo “Patto per la Terza età”, così l’ha definito Meloni, punta a spostare la maggior parte degli interventi sanitari e sociali verso la dimensione domiciliare, alleggerendo anche il carico sulle strutture del sistema sanitario. Perché, ha detto la Premier, «gli anziani non sono solo parte delle nostre famiglie, ma rappresentano il cuore stesso della società e un patrimonio di valori, tradizioni e conoscenze prezioso per la Nazione. Avere cura degli anziani significa avere cura di tutti noi».

“Il provvedimento muove dal riconoscimento del diritto delle persone anziane alla continuità di vita e di cure presso il proprio domicilio e dal principio di semplificazione e integrazione delle procedure di valutazione della persona anziana non autosufficiente”, spiega il comunicato del governo. “Grazie a tale semplificazione e all’istituzione dei “punti unici di accesso”diffusi sul territorio, si potrà effettuare, in una sede unica, una valutazione multidimensionale finalizzata a definire un “progetto assistenziale individualizzato” che indicherà tutte le prestazioni sanitarie, sociali e assistenziali necessarie per la persona anziana”.

Tra le soluzioni indicate nel provvedimento, c’è la definizione di una governance nazionale delle politiche in favore degli anziani, la promozione del cosiddetto “turismo lento”, di nuove forme di coabitazione solidale e di interventi per la prevenzione della fragilità delle persone anziane, oltre al riconoscimento del diritto alla somministrazione di cure palliative domiciliari e presso hospice. E, infine, la previsione d’interventi a favore dei caregiver familiari.

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