Culture

ItsArt, bye bye

Dopo nemmeno due anni, la piattaforma di streaming voluta da Franceschini e presentata come la “Netflix italiana” è in liquidazione. E non c’è da stupirsene
Il ministro alla Cultura Dario Franceschini al convegno "The mediterranean, a sea of culture" che si è svolto a Napoli a Palazzo Reale, il 16 giugno 2022
Il ministro alla Cultura Dario Franceschini al convegno "The mediterranean, a sea of culture" che si è svolto a Napoli a Palazzo Reale, il 16 giugno 2022 Credit: ANSA/CESARE ABBATE
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
12 gennaio 2023 Aggiornato alle 06:30

Troppo facile e spesso ingiusto infierire sullo sconfitto con il più classico dei “te l’avevo detto”, ma in questo caso è quasi impossibile non cedere alla tentazione perché la fine poco gloriosa del progetto era molto più che annunciata.

Stiamo parlando di ItsArt, la piattaforma web voluta da Dario Franceschini in veste di ministro della Cultura, che come sottolineato dalle sue stesse parole doveva essere la «Netflix della cultura italiana» e invece si avvia alla chiusura a meno di due anni dal lancio perché rivelatasi un flop clamoroso.

Online da maggio 2021 ma pensata un anno prima, durante le fasi più dure della pandemia, aveva l’intento di aiutare il mondo dello spettacolo in affanno offrendo a cinema, musei e teatri uno spin off digitale per produrre o veicolare contenuti mentre al pubblico film, spettacoli e concerti on demand di artisti italiani. Come Netflix ma con meno scelta.

Una caratteristica che non ha di certo giovato, visto che a oggi gli utenti registrati sono solo circa 140.000 e le entrate pari a 246.000 euro, a fronte però di perdite per 7,5 milioni.

Un bagno di sangue che il 29 dicembre 2022 ha indotto Cassa Depositi e Prestiti che ne deteneva la maggioranza (Chili invece è il socio di minoranza) a ufficializzarne la messa in liquidazione. Mossa seguita dalla decisione dell’attuale ministro della Cultura Giuliano Sangiuliano di non rifinanziarla.

Se oggi a evidenziare le criticità di ItsArt sono soprattutto le forze politiche di governo, indignate per i soldi spesi all’epoca e salite prontamente sul cavallo del vincitore; e i sindacati, giustamente preoccupati per le sorti dei circa 15 lavoratori impegnati nel progetto, è indubbio che le avvisaglie di un probabile insuccesso fossero ben visibili a tutti fin dagli esordi.

È sufficiente accedere al portale per rendersene conto. Nonostante la grafica tutto sommato moderna e piuttosto simile a una qualunque piattaforma di streaming, la sensazione che si ha fin dal primo momento è di trovarsi di fronte a una cosa vecchia.

Scrollando la home verso il basso pochissime cose hanno attirato la mia attenzione (da utente Millenials, figuratevi le nuove generazioni) e anche quando la discesa si è fatta meno veloce, rallentata da una seppur flebile curiosità verso qualcosa, non è mai arrivata a fermarsi per cliccare davvero su un contenuto. Pochi quelli nella schermata principale e nessuno percepito come novità imperdibile.

Ma per non cedere all’impulso di affidarsi alle sensazioni del primo momento, è bene approfondire la conoscenza con ItsArt. O forse no.

Già perché facendolo i dubbi vengono confermati, soprattutto nella sezione cinema che nelle intenzioni doveva essere quella di maggior impatto, in grado di trainare il progetto e portarlo a competere ad armi pari con tutti i grandi colossi dello streaming: Netflix sicuramente ma anche Prime Video, Disney Plus e Apple Tv.

Con pochissime esclusive e nemmeno l’ombra di pellicole di grido o novità però l’impresa era piuttosto ardua.

La mossa di non prevedere un abbonamento fisso ma di rendere la piattaforma ibrida, riempita in parte con contenuti gratuiti e in parte a pagamento, poteva essere azzeccata ma anch’essa ha dovuto fare i conti con la realtà: titoli free di scarso appeal e a pagamento a cifre sicuramente basse (circa 2 o 3 euro di media) ma disponibili più o meno ovunque, in alcuni casi gratuitamente e in altri compresi in abbonamenti più cari, ma che garantiscono un’offerta nemmeno paragonabile in termini di qualità e quantità.

Si salvano solo, forse, le sezioni dedicate ad arte e musica, che presentano alcune chicche che potrebbero meritare una chance.

Troppo poco però per attirare le attenzioni del pubblico mainstream, soprattutto giovane, e scongiurare il fallimento di un’idea dalle intenzioni nobili ma dalla realizzazione discutibile.

Il sipario quindi cala, giustamente verrebbe da dire, e se le colpe raramente sono singole ma più spesso dei progetti nel loro complesso, in questo caso vale la pena ricordare che ItsArt, non è la prima intuizione digitale di Dario Franceschini a concludersi malamente.

Come dimenticarsi, infatti, di Verybello.it, il portale concepito nel 2015 come vetrina virtuale dell’Italia nel mondo che avrebbe dovuto attirare milioni di turisti ma che venne chiuso dopo pochi mesi per mancanza di contenuti accattivanti e click?

Allora si voleva dare nuovo lustro all’immagine del nostro Paese nel mondo, e anni dopo si è provato a rilanciare lo spettacolo.

Senza riuscirci in nessuno dei due casi.

Leggi anche
Streaming
di Fabrizio Papitto 3 min lettura
Cultura
di Costanza Giannelli 8 min lettura