Culture

L’EDOnista, costretto a perdersi per ritrovarsi

Le vicende del protagonista del libro di Francesca Angeleri e Alessandra Contin si snodano dentro una vita apparentemente perfetta e dorata. Dove si attorcigliano però i malesseri di un ragazzo inquieto
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29 dicembre 2022 Aggiornato alle 14:00

Giornate fotocopia, ragazze fotocopia, pensieri fotocopia.

Se dovessimo indicare una caratteristica dell’esistenza di Edoardo - o meglio Edo - il protagonista dell’ EDOnista (Miraggi Edizioni, 15 euro, 172 pp) - romanzo di formazione scritto a quattro mani da Francesca Angeleri e Alessandra Contin - sarebbe la replicazione.

La replicazione infinita non tanto di una quotidianità fatta di studio-casa-amici, né delle conquiste senza nome, senza volto e senza ciccia, quelle “Disturbia” di cui a variare è solo l’aggettivo ma non la caratteristica irrinunciabile: la magrezza estrema.

La replicazione, piuttosto, di uno schema, quello del ragazzo-rampollo figlio della Torino bene che di quel tessuto sociale è frutto, emanazione, trionfo.

La replicazione della noia, che spinge oltre, verso il rischio, la droga, il limite.

La replicazione - mancata, rincorsa, sfiorata - di momenti migliori: l’infanzia con Viola (una delle poche ragazze con un nome, una storia, una bidimensionalità anche corporea), la serenità familiare, la musica.

Ma è proprio la rottura dello schema - non più quella Torino (che della vita di Edo non sembra essere solo sfondo ma parte integrante) ma Londra, non più Viola ma San, non più le relazioni che conosceva ma nuovi e inaspettati snodi familiari - è il germe di una nuova consapevolezza e, insieme, di una riappropriazione di sé e della propria storia. Di un senso. Che è, poi, quello che tutti i personaggi che orbitano intorno a lui sembrano cercare. E che, in fondo, cerchiamo anche tutti noi.

Un protagonista non facile, Edo. Egocentrico, a tratti spiacevole, sprezzatamente misogino, impermeabile al politically correct. E, proprio per questo, inaspettatamente scritto non da una ma da due donne.

Due scrittrici le cui penne si amalgamano al punto che, se non ci fossero due nomi sulla copertina, il romanzo sembrerebbe il frutto di un’unica mano, in un’armonia tale che è impossibile distinguere dove finisce uno sguardo e inizia l’altro.

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