Futuro

Nuova Zelanda: al via un’indagine circa le misure anti Covid-19

Il governo di Jacinda Ardern ha istituito una commissione per valutare l’efficacia delle misure prese per contrastare la pandemia e «migliorare le risposte nei confronti delle prossime emergenze sanitarie»
Credit: Cottonbro/pexels
Tempo di lettura 3 min lettura
8 dicembre 2022 Aggiornato alle 13:00

Le autorità della Nuova Zelanda hanno deciso di istituire un’indagine ad ampio raggio sulle misure adottate per fermare la pandemia di Covid-19, analizzando nel dettaglio le decisioni governative prese fra il febbraio del 2020 e l’ottobre del 2022. Decisione che è stata salutata come molto favore dal professor Michael Baker, epidemiologo della Otago University e uno dei massimi fautori delle strategie di contrasto neozelandesi: «L’inchiesta sarà una grande opportunità per tutti noi per essere meglio preparati per le future pandemie».

La Commissione d’indagine sarà presieduta dall’epidemiologo e professore Tony Blakely, dall’ex ministra Hekia Parata e dall’ex Segretario del Tesoro John Whitehead, che avranno a disposizione 17 mesi, fino a circa metà 2024, per preparare un esaustivo rapporto da sottoporre al governo in carica.

Per la premier Jacinda Ardern il lavoro della Commissione permetterà non solo di far luce sugli errori e le mancanze del passato, ma anche di migliorare le risposte nei confronti delle prossime emergenze sanitarie: «L’ambito dell’indagine è ampio e coprirà aspetti specifici della nostra risposta sanitaria come i nostri confini, l’assistenza alle comunità, l’isolamento, la quarantena, nonché la risposta economica, e ciò include ampiamente la politica monetaria. Non prenderà in considerazione decisioni individuali, così come il modo con cui le politiche vengono applicate a un singolo caso o circostanza. Esaminerà anche l’efficacia delle nostre strategie, tra cui l’eliminazione, la minimizzazione e la protezione. Sono passati più di 100 anni da quando abbiamo sperimentato una pandemia di questa portata, quindi è fondamentale stilare ciò che ha funzionato e cosa possiamo imparare da esso se dovesse mai accadere di nuovo».

La risposta della Nuova Zelanda all’inizio della pandemia è stata una delle più severe al mondo, all’insegna della tolleranza zero, ma anche quella con i maggiori successi nel contrasto del virus con addirittura un aumento dell’aspettativa di vita nella nazione. Tutto questo però non ha impedito dei grossi contraccolpi in ambito sociale ed economico, fra blocco dei confini, inflazione rampante, chiusure delle attività e impatti notevoli a livello psicologico per la popolazione.

Con l’avvento della variante Omicron, l’incremento esponenziale dei contagi e lo sviluppo del piano vaccinale, le misure sono necessariamente cambiate determinando l’avvio della progressiva riapertura del Paese, non essendo più fattibile e sostenibile un isolamento nazionale di tale portata. Tanto che allo stato attuale solo la Cina continua a mantenere, seppure in via di modifica, una politica “zero-covid”.

La Commissione avviata dalla Ardern non è l’unica in corso a livello planetario, dato che anche le istituzioni europee hanno avviato una serie di indagini e riflessioni per valutare le azioni intraprese negli ultimi due anni. Con anche una serie di polemiche che hanno coinvolto il Ceo della Pfizer Albert Bourla, che si è rifiutato nuovamente di parlare di fronte alla Commissione speciale sulla pandemia di COVID-19 dell’Europarlamento.

Leggi anche
mondo
di Giacomo Talignani 3 min lettura