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Tutto quello che devi sapere dell’Imu

Entro il 16 dicembre, i proprietari immobiliari dovranno versare il saldo dell’Imposta municipale propria. Di che cosa si tratta?
Credit: Lucas Pezeta
Tempo di lettura 6 min lettura
6 dicembre 2022 Aggiornato alle 20:00

La scadenza per pagare l’Imu è vicina.

Infatti, entro venerdì 16 dicembre i proprietari immobiliari devono versare il saldo per il 2022.

Acronimo di Imposta municipale propria, l’Imu è il tributo istituito dal governo Monti nella manovra Salva-Italia del 2011 e si paga a livello comunale sul possesso dei beni immobiliari.

Tale imposta è attiva da gennaio 2012 e fino al 2013 è stata valida anche sull’abitazione principale.

Come si calcola?

L’Imu viene calcolata prendendo in considerazione diversi fattori: la rendita catastale dell’immobile; il coefficiente, valore differente a seconda della categoria catastale cui appartiene l’immobile; l’aliquota stabilita dal Comune, tasso che deve essere applicato alla base imponibile ai fini del calcolo dell’imposta.

Per calcolare l’imposta, si inizia dalla rendita catastale attribuita all’immobile al 1° gennaio 2022, che deve essere rivalutata del 5%.

Successivamente, la rendita rivalutata va poi moltiplicata per il relativo coefficiente, a seconda del tipo di immobile: 160 per le abitazioni e relative pertinenze (cantine, solai, box, posti auto); 80 per gli uffici (A/10); 55 per i negozi e le botteghe (C1); al risultato ottenuto si applica l’aliquota decisa dal comune.

Infine, la rata di dicembre si ottiene sottraendo dal totale ottenuto la prima rata di acconto versata nel giugno scorso (50% della somma).

Chi possiede l’obbligo di versarlo?

Possiede l’obbligo di pagare tale imposta: il proprietario di immobili; colui che è titolare di un diritto reale di godimento usufrutto; colui che ha il diritto reale di godimento su un fondo di proprietà altrui; colui che possiede il diritto di superficie, che consiste nell’edificare e nel mantenere una costruzione al di sopra o al di sotto di un fondo di proprietà altrui e di rivendicare la proprietà della costruzione o dell’opera, in base alla legge; la società per gli immobili posseduti di qualsiasi categoria catastale, anche se utilizzati nell’esercizio della propria attività, salvo l’esonero per gli immobili-merce, costruiti o ristrutturati per la vendita e rimasti invenduti, se non locati per l’intero anno; l’utilizzatore, per gli immobili in leasing; ciascun comproprietario o contitolare in proporzione alla propria quota e con versamenti separati, nel caso di condivisione del diritto reale; l’amministratore nel caso di una multiproprietà.

Come si paga?

L’Imu viene versato tramite modello F24 o bollettino postale.

Il modello F24, preferibile, è un modello che consente di pagare in Italia gran parte delle tasse, delle imposte e dei contributi. Tale modello, viene definito “unificato” perché permette di effettuare con un’unica operazione il pagamento delle somme dovute, compensando il versamento con eventuali crediti.

Nel compilare il modello F24 per l’Imu, si deve considerare la sezione del modello F24 Imu “Imu e Altri tributi locali”, in corrispondenza delle somme indicate esclusivamente nella colonna “importi a debito versati” riportando i seguenti dati: nel campo “codice ente/codice comune” indicare il codice catastale del comune nel cui territorio sono situati gli immobili; segnare la casella “Ravv.” se il pagamento è effettuato a titolo di ravvedimento, la casella “Acc.” se il pagamento si riferisce all’acconto o la casella “Saldo” se il pagamento si riferisce al saldo.

Se il pagamento avviene in un unico versamento, bisogna segnare entrambe le caselle “Acc.” e “Saldo”. Successivamente, nel campo “Numero immobili” indicare il numero degli immobili; nel campo “Anno di riferimento” indicare l’anno d’imposta a cui si riferisce il pagamento, nel caso in cui sia barrata la casella “Ravv.” indicare l’anno in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata.

Chi è esentato dal pagamento?

Per quanto riguarda le esenzioni, l’imposta Imu non deve essere versata sull’abitazione principale e relative pertinenze (box o posto auto, cantina o solaio) nei limiti di una per ciascuna categoria catastale (C/2, C/6, C/7).

A riguardo, con abitazione principale viene indicata l’unità immobiliare in cui il soggetto passivo e i componenti del suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente, [art. 1, comma 741, lett. b), primo e secondo periodo, della legge n. 160 del 2019]; unità immobiliare a uso abitativo classificata nel gruppo catastale A (esclusi gli uffici A/10).

Le caratteristiche di dimora e residenza devono necessariamente coesistere. L’esenzione dall’Imu vale, grazie alla sentenza n. 209 del 13 ottobre scorso della Corte Costituzionale, anche per il coniuge che risiede e dimora abitualmente in una residenza diversa della principale, ubicata nello stesso Comune o in un altro.

Pertanto, precedentemente alla sentenza, i coniugi non potevano usufruire dell’esenzione sulla seconda casa e ciò andava a creare un discrimine tra coloro che decidono di sposarsi e i conviventi di fatto.

Viene, dunque, stabilito il diritto alla doppia esenzione per ciascuna abitazione principale di persone sposate o parti di un’unione civile, nel rispetto dei requisiti della dimora abituale e della residenza anagrafica del possessore dell’immobile. Inoltre, sono esentati dall’imposta: le unità immobiliari di proprietà delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale degli assegnatari o destinate a studenti soci assegnatari, a prescindere dalla residenza; gli alloggi regolarmente assegnati dagli Iacp e i fabbricati di civile abitazione destinati agli alloggi sociali(housing sociale); l’abitazione (non locata) degli appartenenti a Forze armate, Polizia, Vigili del fuoco o alla carriera prefettizia, anche se risiedono altrove.

Gli anziani o disabili che hanno acquisito la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, possono essere esentati, secondo il volere dei Comuni, dal pagamento dell’Imu sull’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o usufrutto.

Al contempo, è possibile ridurre del 50% l’imposta sull’immobile dato in comodato gratuito da genitore a figlio, o viceversa. Tale agevolazione viene estesa, in caso di morte del comodatario, anche al coniuge di quest’ultimo solo in presenza di figli minori.

Affinché si possa beneficiare della riduzione dell’imposta è necessario che si verifichino le seguenti condizioni: il comodante deve possedere la residenza anagrafica e la dimora abituale nello stesso comune in cui si trova la casa data in comodato (che non deve essere accatastata come A1, A8 o A9); il comodatario deve adibire l’immobile ad abitazione principale, stabilendovi la residenza anagrafica e la dimora abituale; oltre all’immobile dato in comodato, il comodante può possedere un solo altro immobile abitativo nello stesso Comune, adibito a propria abitazione principale e che non deve essere accatastato come A1, A8, A9; il comodante non deve possedere, anche per quota, oltre a quello dato in comodato e alla propria abitazione principale, nessun altro immobile abitativo in Italia (non rilevano quelli non abitativi); il contratto di comodato deve essere registrato (con il pagamento dell’imposta di registro di 200 euro), infrazione sanabile con il ravvedimento operoso.

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