Ambiente

Idrogeno, un futuro incerto

Aumentano i progetti e i finanziamenti che riguardano il vettore energetico, ma allo stesso tempo anche i dubbi. Sulla sua sostenibilità ambientale ed economica
Credit: Energy Disruptors: UNITE 2018 Michael Liebreich - Bloomberg New Energy Finance - opening speech
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21 ottobre 2022 Aggiornato alle 09:00

Si stanno intensificando le attività delle lobby e delle industrie legate ai nuovi progetti di decarbonizzazione basati sull’idrogeno, specialmente nel Regno Unito. Si stimano che vi siano almeno 120 lobbisti pagati per operare nel parlamento britannico, con un oscuro intreccio fra industrie fossili, associazioni del commercio e altre organizzazioni, con azioni anche dentro le istituzioni europee.

Nell’ultimo anno i governi inglesi che si sono succeduti hanno approvato numerosi fondi per avviare la transizione verso l’idrogeno, blu e verde, in modo da raggiungere 10 gigawatt entro il 2030.

Ad aprile sono stati approvati 240 milioni di sterline per il “Net Zero Hydrogen Fund”, mentre l’ex Cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng recentemente aveva identificato 5 importanti progetti per accelerare la transizione, fra cui la costruzione di una pipeline 100% idrogeno nel nord-ovest del Paese.

La commistione fra politica e lobby però solleva molteplici domande e critiche sul tipo di transizione in sviluppo, specialmente analizzando le differenze e i limiti fra l’idrogeno blu, che viene estratto dal gas e richiede sistemi di cattura e di stoccaggio per eliminare le emissioni, e l’idrogeno verde, il quale viene prodotto dall’acqua con l’elettrolisi grazie all’energia proveniente da fonti rinnovabili.

L’anno scorso il responsabile della Uk Hydrogen & Fuel Cell Association (Uk Hfca) Christopher Jackson si era dimesso criticando duramente le operazioni in corso: «Con passione credo che tradirei le generazioni future rimanendo in silenzio sul fatto che l’idrogeno blu è nel migliore dei casi una distrazione costosa e, nel peggiore, un vincolo per il continuo uso dei combustibili fossili, cosa che garantisce che non riusciremo a raggiungere i nostri obiettivi di decarbonizzazione».

Ma queste affermazioni non hanno impedito ai politici inglesi e alle lobby di continuare a propugnare l’idrogeno come soluzione integrale, sia per le grande industrie energivore che per i consumi privati, con possibili costi di transizione fino a 170 miliardi di sterline: «Nessuna analisi seria ha l’idrogeno con un ruolo oltre il marginale nel futuro del riscaldamento degli ambienti domestici. Dobbiamo eliminare i sistemi di riscaldamento europei legati al gas naturale e dobbiamo farlo senza ulteriori indugi. È ora di fermare questa diatriba: i giudici sono unanimi e i vincitori sono teleriscaldamento, pompe di calore ed elettrificazione», ha affermato Michael Liebreich, fondatore del Bloomberg New Energy Finance.

Le strategie legate all’idrogeno sono state elaborate da 20 nazioni, con altre 33 che si stanno muovendo in questa direzione, e nel 2025 potrebbero arrivare a coprire l’80% del Pil globale.

La Commissione europea nel luglio del 2020 ha annunciato una “Hydrogen strategy for a climate-neutral Europe”, supportata dal vicepresidente Frans Timmermans riguardo alcuni specifici settori industriali: «Gran parte della transizione energetica si concentrerà sull’elettrificazione diretta. Tuttavia in settori come l’acciaio, il cemento, i prodotti chimici, il traffico aereo, i trasporti pesanti e le spedizioni, abbiamo bisogno di qualcos’altro».

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