Ambiente

Così cresce la protesta ambientalista

Dalla zuppa sui girasoli di Van Gogh al blocco del Grande Raccordo Anulare di Roma. Senza una risposta dei governi, gli attivisti non fermeranno la loro lotta
A Londra, il 16 ottobre, gli attivisti Just Stop Oil hanno coperto di vernice arancione l'Aston Martin showroom in Park Lane
A Londra, il 16 ottobre, gli attivisti Just Stop Oil hanno coperto di vernice arancione l'Aston Martin showroom in Park Lane Credit: Joao/Alto Press via ZUMA Press
Tempo di lettura 4 min lettura
19 ottobre 2022 Aggiornato alle 17:00

Zuppe lanciate su un Van Gogh (con consapevolezza di non fare danni al dipinto), attivisti “incollati” alle opere d’arte nei musei italiani oppure seduti a bloccare il traffico del Grande Raccordo Anulare di Roma. O, ancora, incollati al palo della porta da calcio nelle partite del campionato inglese. Di proteste così, eclatanti e divisive, ne vedremo sempre più spesso.

Da una parte c’è un mondo, quello della scienza con gli esperti dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici) sostenuti dai vertici dell’Onu, che stanno lanciando a più riprese un allarme: la crisi del clima peggiora, le emissioni continuano ad aumentare e gli scenari futuri - tra fame, morte e devastazione - sono terribili.

Dall’altra ci sono i decisori, insieme a chi tiene le fila dell’economia. Loro, più che guardare al futuro dell’emergenza climatica, oggi sono impegnati a cercare soluzioni per far fronte alla crisi energetica, continuando ad attingere dalle fonti fossili che accrescono le emissioni.

Così accade questo: ogni marcia dei Fridays For Future, ogni grido di allarme di scienziati e ragazzi, ogni appello del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, vengono registrati ma poi - anche per interessi delle multinazionali dell’oil and gas - spesso cadono nel vuoto.

Allora come si fa a scuotere le coscienze, a tentare di chiamare una rivoluzione che salvi per lo meno chi ancora - anagraficamente - un futuro nel 2050 o nel 2100 vorrebbe averlo? Con azioni eclatanti e divisive capaci di attirare l’attenzione su un problema e, se necessario, creando disagi alla popolazione. Questo è il punto di vista di moltissimi giovani e collettivi che stanno dando vita a crescenti proteste.

Per questo nell’ultimo anno, anche in vista della Cop27 che si terrà a breve in Egitto durante la quale potrebbero andare in scena manifestazioni e scontri (come accaduto lo scorso novembre a Glasgow), si sono moltiplicate una serie di iniziative impressionanti.

Da quelle italiane di collettivi come Ultima Generazione (che incorporano anime anche di Extinction Rebellion e dei Fridays), protagonisti sia di blocchi del traffico che di proteste all’interno dei musei italiani, a quelle che in Gran Bretagna vedono protagonista Just Stop Oil.

Quest’ultimo gruppo (che si batte per la fine dell’uso dei combustibili fossili) nell’ultimo anno ha attirato l’attenzione di milioni di persone con alcune azioni ben studiate, spesso infrangendo divieti e leggi. Per fare degli esempi, il 21enne che lo scorso marzo si è attaccato a un palo della porta durante il match Everton VS Newcastle, i tentativi di interrompere forniture di benzina nell’Essex nei terminal petroliferi, o le vernici lanciate su Scotland Yard e molti altri: dai blocchi dei ponti alle manifestazioni nelle strade.

Quello che forse è diventato più noto agli occhi del mondo è il famoso lancio della zuppa su un Van Gogh: una poltiglia di pomodoro gettata sui noti girasoli - con la consapevolezza di non rovinare l’opera visto il vetro protettivo - alla National Gallery di Londra: «Siete preoccupati più per la protezione di un dipinto o per la protezione del nostro Pianeta e delle persone?»

Una provocazione, ovviamente, che invita a un ragionamento, a una risposta. L’azione di Londra - così come i blocchi del traffico - ha diviso l’opinione pubblica, tra prova rabbia e chi, invece, intendendo lo scopo della protesta, appoggia i movimenti. Sentimenti che sono destinati a crescere nel prossimo futuro: se la politica non darà risposte, se il dialogo non porterà ad azioni concrete - come l’addio al fossile, i finanziamenti per i Paesi più colpiti dal surriscaldamento, oppure colmando le ingiustizie sociali - allora le proteste non si fermeranno.

Leggi anche
clima
di Sergio Ferraris 4 min lettura
Attivismo
di Elisabetta Ambrosi 4 min lettura