Ambiente

Anno nuovo senza pellicce. In Italia. Ma sarà davvero così?

La nuova manovra approvata dal Governo ha imposto il divieto di allevamento, riproduzione in cattività e uccisione per volpi, visoni, cincillà, procioni e qualsiasi altra specie dalla quale si ricavi pelliccia
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4 gennaio 2022 Aggiornato alle 15:30

Dal 1 gennaio stop agli allevamenti degli animali da pelliccia. L’Italia si unisce così a una ventina di paesi europei che hanno già stabilito il divieto, ma le pellicce arriveranno lo stesso, probabilmente dalla Cina dove il settore genera un giro di affari da 50 miliardi di dollari l’anno

In Italia a partire dal 1 gennaio 2022 ci sarà il divieto di allevamento, riproduzione in cattività e uccisione di volpi, visoni, cincillà, procioni e qualsiasi altra specie dalla quale si ricavi pelliccia. Secondo la manovra approvata recentemente dal Governo, nel 2022 sarà vietato avviare un nuovo allevamento, mentre gli animali ancora in cattività potranno essere mantenuti fino al prossimo 30 giugno - il Governo ha stanziato 3 milioni di euro per indennizzare gli allevamenti che dovranno cessare la loro attività. Tra quelli di visoni ancora attivi in Italia, ce ne sono 5 sparsi tra Lombardia, Emilia-Romagna e Abruzzo dove, secondo la Lega antivivisezione (LAV), ogni anno vengono allevati e uccisi circa 60.000 visoni con lo scopo di ricavarne pellicce. Gli oltre 7.000 riproduttori ancora presenti negli allevamenti a breve proibiti saranno poi destinati ad apposite strutture che, come sottolinea un emendamento specifico, dovranno preferibilmente essere “gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste riconosciute”.

Con l’inizio del nuovo anno, l’Italia si unisce così a una ventina di paesi europei che hanno già stabilito il divieto di allevare visoni e altri animali per la produzione di pellicce. Da giugno scorso Israele è invece il primo Paese al mondo ad aver direttamente bandito la vendita di pellicce: “Questa normativa renderà il mercato della moda israeliano più rispettoso dell’ambiente e molto più gentile con gli animali,” il commento del Ministro dell’Ambiente israeliano Gila Gamliel dopo la firma del decreto. Nel 2023 sarà la volta della California, che già nel 2019 aveva annunciato di voler essere il primo Stato degli Stati Uniti a vietare la vendita di prodotti in pelliccia.

Quello degli allevamenti intensivi degli animali da pelliccia non sembra invece essere un problema in Cina, dove il settore genera un giro di affari da 50 miliardi di dollari l’anno: come riporta Human Society International, nel 2019 sono stati uccisi oltre 50 milioni di animali da pelliccia (20,7 milioni di visoni, 17,3 milioni di volpi e 12,3 milioni di cani procioni, una specie di volpe indigena dell’Estremo Oriente). Numeri comunque ancora alti anche nella UE, dove sono stati uccisi quasi 38 milioni di animali da pelliccia (34,7 milioni di visoni, 2,7 milioni di volpi, 166.000 cani procioni e 227.000 cincillà), mentre negli Usa i numeri si fermano a 3,1 milioni e in Canada a 1,8 milioni (in maggioranza visoni).

Con il nuovo anno, diremo quindi addio per sempre alle pellicce Made in Italy o le compreremo solo dalla Cina? La scelta più sostenibile sembra essere quella di indossare una pelliccia di visone ‘datata’, magari ereditata da una zia o da una nonna e acquistata negli anni Sessanta e Settanta, periodo in cui erano molto diffuse e alla moda. Conservarla anziché liberarsene è di per sé un approccio ecologico, insomma: una pelliccia sintetica fatta di acrilico ha bisogno infatti di centinaia di anni per essere smaltita in una discarica, a differenza di quelle di pelo vero che possono essere riciclate e smaltite in pochi anni perché biodegradabili.

E le emissioni? Secondo People for the Ethical Treatment of Animals (PETA), l’organizzazione internazionale no-profit a sostegno dei diritti degli animali, la produzione di 1 kg di pelliccia ha un fattore di emissione di CO2 pari a circa 130 a 140 kg, mentre quello della pelliccia sintetica è circa 6 a 7 kg.

Non va meglio per il pellame: uno studio condotto dalla società di ricerca Stand.earth. durante il periodo compreso tra il primo agosto 2020 e il 31 luglio 2021 ha rivelato che l’allevamento, trainato dalla domanda di carne bovina e pellami, è stato il principale colpevole della deforestazione in Amazzonia, che ha raggiunto un tasso ormai del 22%. La pelle prodotta in Brasile viene utilizzata da concerie e produttori in tutto il mondo per la realizzazione di prodotti di marca capi di alta moda.

Oltre alla nascita di brand che utilizzano solo materiali biodegradabili e sostenibili in sostituzione di pelle e pelo di animale (utilizzando per esempio gli scarti di mele e quelli di mango), una soluzione dare nuova vita a capi vecchi e inutilizzati. A Milano, la capitale italiana della moda, il laboratorio Winter Lab, nato all’interno di una storica azienda di pelli e pellicce, ridà vita alle vecchie pellicce creando cappotti, giacche, gilet di pelo e tessuto: un nuovo modo per essere sostenibili, senza sentirsi in colpa.

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