Diritti

Molestie sul lavoro: l’inquietante situazione italiana

Dalla Fondazione Libellula una fotografia sull’equità di genere in ambito lavorativo italiano. I dati sono allarmanti
Credit: Khamkeo Vilaysing
Tempo di lettura 4 min lettura
12 agosto 2022 Aggiornato alle 13:00

Una battuta maliziosa e inopportuna, un contatto fisico non richiesto, continue vessazioni e discriminazioni di genere: essere donna sul posto di lavoro significa, nella maggior parte dei casi, subire molestie, umiliazioni, mancanze di rispetto e offese alla dignità della persona.

È in questi termini che si può riassumere la condizione lavorativa di centinaia di donne in Italia.

A lanciare l’allarme è Fondazione Libellula, una realtà nata con l’obiettivo di prevenire e contrastare la violenza sulle donne e la discriminazione di genere agendo sul piano culturale.

I dati shock sono quelli emersi dalla survey LEI (Lavoro, Equità, Inclusione), che ha coinvolto oltre 4.300 lavoratrici e libere professioniste in tutta Italia con l’obiettivo di fotografare lo stato dell’equità di genere del mondo del lavoro italiano: più di una donna su due (55%) ha subito molestie o discriminazioni sul posto di lavoro, una su cinque contatti fisici indesiderati e il 53% commenti espliciti non richiesti.

Ad arrogarsi il diritto di quel gesto inopportuno o quella parola di troppo sono nella maggior parte dei casi i colleghi (55%), ma anche capi (19%) o altri responsabili (6%).

«Questi dati fotografano una situazione inquietante all’interno dell’ambiente lavorativo delle aziende italiane e devono imporre una riflessione: il linguaggio e gli atteggiamenti non verbali occultano la dimensione professionale delle donne sul posto di lavoro. Per tante i luoghi di lavoro rappresentano contesti poco sicuri, psicologicamente e fisicamente complicati», afferma Debora Moretti, fondatrice e presidente di Fondazione Libellula

Per le donne ribellarsi a una situazione simile non è semplice come si può pensare: molte di loro temono che il loro comportamento possa essere mal interpretato o possa generare conseguenze negative.

Così, il 58% delle donne intervistate non reagisce efficacemente di fronte a una molestia, di queste il 38% non vuole passare come una persona troppo aggressiva o “quella che se la prende”, mentre l’11% non sa come fare.

Se le donne ricoprono, poi, un ruolo manageriale, il discorso “equità di genere’’ sembra pura utopia: in questa situazione, infatti, i comportamenti decisi e determinati delle donne vengono visti in un modo diverso rispetto a quelli maschili, costringendole, a volte, anche a rinunciare a mettersi in gioco per la loro crescita professionale: il 62% dichiara di essere considerata aggressiva se si mostra ambiziosa o assertiva.

È fondamentale intraprendere la strada di una continua educazione e sensibilizzazione perché non è accettabile, tanto sul luogo di lavoro quanto in qualsiasi altro contesto, dover imparare a difendersi e dover sottostare a continue umiliazioni per paura di di perdere il posto o risultare eccessive nella reazione.

È questo l’obiettivo di Fondazione Libellula, che è all’opera per portare nei luoghi di lavoro progetti e attività come workshop o seminari dedicati a collaboratori e collaboratrici su stereotipi, empowerment, linguaggio e managerialità inclusiva, percorsi dedicati alla prevenzione al contrasto delle molestie, sportelli di ascolto psicologico attivi 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 per tutte le aziende che ne fanno richiesta.

Il raggio d’azione si estende anche fuori dalle organizzazioni attraverso attività di comunicazione, diffusione di campagne dedicate e contenuti online, e con progetti di cura per offrire un supporto concreto alle donne che hanno subito violenza

«Il nostro obiettivo come Fondazione è quello di creare un modello virtuoso e portarlo in tutte le aziende in modo da generare ambienti professionali non discriminatori», conclude Debora Moretti

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