Futuro

E se ci fosse un Google Translate per gli animali?

Il progetto dell’organizzazione californiana Earth Species Project mira a decodificare la comunicazione non umana utilizzando l’intelligenza artificiale
Credit: Arusfly Mupkip/ Unsplash
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
5 agosto 2022 Aggiornato alle 15:00

Come fa il cane? Bau. Corretto, ma cosa succederebbe se riuscissimo a capire la traduzione del suo verso nel nostro linguaggio?

L’organizzazione no-profit californiana Earth Species Project crede che “la comprensione delle lingue non umane cambierà il nostro impatto ecologico su questo Pianeta”. È per questo che ha pensato di sfruttare gli strumenti di apprendimento automatico dell’intelligenza artificiale per tradurre nel nostro linguaggio i versi a noi incomprensibili degli animali.

Non è la prima volta che gli scienziati analizzano la comunicazione del regno animale, fatta di cinguettii, ululati, nitriti e migliaia di altri versi differenti, che cambiano non solo in base alla specie, ma anche alla situazione, per esempio di pericolo.

Il metodo utilizzato finora per decodificare questi suoni era l’osservazione minuziosa, ma alcuni ricercatori hanno voluto spingersi oltre. La professoressa dell’Università di Copenaghen Elodie Briefer, che studia la comunicazione vocale nei mammiferi e negli uccelli, ha co-sviluppato un algoritmo che analizza i grugniti dei maiali per capire se stanno provando un’emozione positiva o negativa. Il periodico britannico The Observer riporta altri esempi, come DeepSqueak, che giudica se i roditori sono in uno stato di stress in base ai loro richiami ultrasonici. O il Progetto Cetacean Translation Initiative, che ha in mente di utilizzare l’apprendimento automatico per tradurre la comunicazione dei capodogli.

Il progetto Esp, però, promette di essere diverso: non si vuole concentrare sulla comunicazione di una specie soltanto, ma di tutte quelle esistenti. Aza Raskin, il suo co-fondatore, ammette che sarebbe più facile limitarsi a quegli animali più “sociali”, come i delfini e i primati, ma l’obiettivo è sviluppare strumenti che potrebbero essere applicati all’intero regno animale: «Gli strumenti che sviluppiamo possono funzionare in tutta la biologia, dai vermi alle balene», ha spiegato all’Observer.

Il processo inizia con lo sviluppo di un algoritmo che rappresenti le parole in uno spazio fisico: “L’IA ora può generare forme che rappresentano intere lingue. Questo (una piccola nebulosa compatta, ndr) è inglese. Questa struttura geometrica, nota tecnicamente come “spazio latente”, può essere utilizzata per tradurre lingue senza dizionari e senza esempi di traduzione”, spiegano sul sito.

Nel dettaglio, la mappatura eseguita a partire dalla distanza e dalla direzione tra le parole (i puntini che formano la nebulosa, per intenderci), rappresenta la relazione semantica che intercorre tra loro, eseguita osservando, per esempio, la frequenza con cui si accostano e non il loro significato. Dopo aver notato che queste “forme” erano simili per lingue diverse, nel 2017 due gruppi di ricercatori che lavorano indipendentemente hanno trovato una tecnica che ha permesso di ottenere la traduzione allineandole: poi “è bastato” trovare il punto nell’altra lingua più vicino al punto della parola in inglese. L’idea è di partire da questo principio e creare questo tipo di rappresentazioni della comunicazione animale.

Il processo è lungo, complesso, e ci vorrà del tempo, oltre che una enorme quantità di dati diversi. Il problema, poi, è che molti animali hanno un repertorio di suoni molto più limitato di quello umano, e lo stesso suono può assumere diversi significati. Per alcuni studiosi l’intelligenza artificiale non è in grado di cogliere queste sfumature. Ma, secondo Raskin, gli ostacoli finora sono stati la nostra capacità di raccogliere dati sufficienti e analizzarli su larga scala e la nostra percezione limitata. L’intelligenza artificiale potrebbe aiutarci a comprendere interi sistemi di comunicazione.

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