Diritti

No alla parità di genere nei testi istituzionali

L’emendamento Disposizioni per l’utilizzo di un linguaggio inclusivo per la declinazione di genere nella comunicazione istituzionale non ha raggiunto la maggioranza richiesta in Senato
La dichiarazione di voto di Alessandra Maiorino per il M5S, alla fiducia chiesta dal governo al DL rilancio al Senato, a Roma il 16 luglio 2020.
La dichiarazione di voto di Alessandra Maiorino per il M5S, alla fiducia chiesta dal governo al DL rilancio al Senato, a Roma il 16 luglio 2020. Credit: MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA
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27 luglio 2022 Aggiornato alle 14:00

L’emendamento presentato dalla senatrice Alessandra Maiorino relativamente alla declinazione di genere nei testi istituzionali è stato respinto in aula a Palazzo Madama: la proposta non ha raggiunto la maggioranza richiesta per essere approvata. Nello scrutinio segreto, hanno votato a favore 152 senatori, non sufficienti per raggiungere la maggioranza assoluta richiesta.

L’emendamento, intitolato Disposizioni per l’utilizzo di un linguaggio inclusivo, prevedeva all’articolo 1 che il Consiglio di presidenza stabilisse “i criteri generali affinché nella comunicazione istituzionale e nell’attività dell’Amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l’adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l’utilizzo di un unico genere nell’identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne”.

«Al Senato oggi si è persa una grande occasione per rendere inclusivo e paritario il linguaggio istituzionale con la mancata approvazione dell’emendamento Maiorino al regolamento che aveva lo scopo di aprire all’uso della distinzione di genere nel linguaggio delle comunicazioni istituzionali e nel Regolamento. Fdi lo ha ritenuto una questione “etica e di coscienza”, chiedendo il voto segreto che la presidente Casellati ha prontamente concesso. È evidente la misoginia di chi ha votato contro rifiutando l’utilizzo del femminile e confermando così l’imposizione del solo maschile. Una vergogna a cui si dovrà porre rimedio nella prossima legislatura». Così in una nota le parlamentari e i parlamentari del MoVimento 5 stelle del Gruppo Pari Opportunità.

«Eppure - continuano - l’emendamento non imponeva nessun obbligo ma apriva alla possibilità di scelta, che oggi non esiste in quanto nelle comunicazioni formali, nelle relazioni illustrative dei disegni di legge e nel Regolamento è prescritto solo il maschile».

«È triste constatare ancora una volta che gli italiani sono molto più avanti delle istituzioni che dovrebbero rappresentarli sul tema della parità di genere», concludono.

Adnkronos

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