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Tu chiamala, se vuoi, pillola anti-Covid

È iniziata la distribuzione alle Regioni della nuova pillola anti-covid
La pillola antivirale Molnupiravir può essere un grande passo avanti nella lotta al Covid-19
La pillola antivirale Molnupiravir può essere un grande passo avanti nella lotta al Covid-19
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
5 gennaio 2022 Aggiornato alle 11:00

Il nuovo anno ha portato con sé una novità nella lotta al Covid-19: si tratta della pillola antivirale Molnupiravir, commercializzata con il nome di Lagevrio. Sviluppata da Merck ​​Sharp & Dohme - azienda farmaceutica americana - in collaborazione con la biotecnologica Ridgeback Biotherapeutics, potrebbe rivelarsi un grande aiuto nella lotta alla diffusione della pandemia.

A dicembre l’EMA stava valutando il medicinale, mentre l’omologa britannica aveva già dato il via libera al Molupiravir. Ma ora anche l’Agenzia italiana del farmaco ha autorizzato non solo il Molnupiravir, ma anche il Remdesivir, prodotto dall’azienda farmaceutica statunitense Gilead Sciences: ora saranno entrambi distribuiti dalla Struttura Commissariale alle Regioni. La dose raccomandata è di quattro capsule da 200 mg assunte per via orale ogni 12 ore per 5 giorni. Come riportava già il Ministero della Salute britannico, “deve essere somministrato il prima possibile dopo la diagnosi di COVID-19 ed entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi”.

Annalisa Capuano, responsabile del Centro regionale di Farmacovigilanza della Campania e professore ordinario di Farmacologia presso l’Università degli Studi della Campania “L. Vanvitelli”,, spiega che “Merck aveva reso noti dei risultati a interim, prima ancora che la fase di sperimentazione si concludesse, mostrando che la riduzione dell’ospedalizzazione era pari al 48%”. Ma successivamente, a conclusione della sperimentazione, la percentuale è scesa al 30%. “è un risultato comunque promettente - continua Capuano - perché garantisce la positività del rapporto rischi benefici della molecola Molnuporavir”.

Ma di cosa si tratta esattamente? Questa piccola capsula rigida arancione opaca, con il logo MSD stampato in bianco, “è composta da principi attivi che impediscono al virus di crescere e di replicarsi. Per semplificare - spiega Capuano -, agisce attraverso un meccanismo particolare perché va a indurre all’interno del genoma virale delle mutazioni che inibiscono poi la replicazione di Sars Cov-2”.

Una delle caratteristiche più importanti di questo farmaco è che va somministrato per via orale, non in ambito ospedaliero, ma è essenziale che questo avvenga nelle primissime fasi dell’infezione: “Quando abbiamo certezza, attraverso il tampone molecolare, che il soggetto sia affetto da infezione da Covid-19 e che sia a grosso rischio di sviluppare una forma severa della malattia” puntualizza Capuano. Per questo dovremmo essere in grado, attraverso una medicina territoriale valida, di identificare precocemente i soggetti eleggibili al trattamento (per presenza di fattori di rischio) , incrociandoli con le piattaforme elettroniche che riportano gli esiti dei tamponi molecolari. Lo spiega meglio Capuano: “Rispetto ai soggetti che sono stati inclusi nel trial di sperimentazione clinica, che devono soddisfare alcuni criteri che noi chiamiamo di inclusione, nella pratica clinica troviamo soggetti completamente differenti, per esempio anziani o giovani affetti da particolari condizioni patologiche per i quali il trattamento farmacologico potrebbe mostrare una risposta in termini di efficacia e sicurezza differente rispetto a quello che abbiamo osservato nel trial”. Ci vuole, pertanto, sempre cautela.

Ma la strategia più efficace per contrastare l’emergenza rimane il vaccino, a cui sono contrari 8 milioni di italiani. Ma il Molnupiravir, non essendo un vaccino, potrebbe essere preso con meno riluttanza dai No vax? Probabilmente sì, non lo sappiamo. “Nessun trattamento farmacologico sostituisce la profilassi vaccinale che resta, a oggi, lo strumento più efficace per contrastare questa drammatica emergenza sanitaria. Probabilmente questa fetta di popolazione non ha ben chiaro che anche i farmaci possono dare degli importanti eventi avversi e si schiera a prescindere contro il vaccino” spiega Capuano. Le reazioni avverse da farmaci, infatti, rappresentano la quarta causa di morte nei paesi industrializzati.