Ambiente

#BugieInEtichetta? No, grazie

I ministeri della Salute e delle Politiche Agricole stanno per approvare un decreto che rischia di compromettere ulteriormente il benessere di animali e consumatori
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14 maggio 2022 Aggiornato alle 06:30

Una nuova proposta di decreto dei ministeri della Salute e delle Poltiche agricole prevede di applicare sui prodotti di origine animale un’etichetta dal claim “Sistema di Qualità Nazionale Benessere Animale”, incapace tuttavia di favorire una reale transizione verso sistemi di produzione che si allontanino dalle condizioni tipiche degli allevamenti intensivi, e quindi anche dalla dipendenza massiccia di materie prime importate dall’estero.

Per garantire la tutela effettiva del benessere animale e la trasparenza informativa sui prodotti alimentari di origine animale a favore dei consumatori, 14 associazioni tra cui Animal Equality hanno aderito alla “Coalizione contro le #BugieInEtichetta”.

Quest’ultima chiede ai Ministeri coinvolti nella realizzazione del decreto di non procedere a una certificazione sul benessere animale che promuove un inganno a discapito di animali, cittadini, aziende virtuose, e ambiente.

Sostenere il “Sistema di Qualità Nazionale Benessere Animale”, così come è stato pensato, significherebbe in primis finanziare anche quei sistemi di allevamento che non rispettano gli standard minimi di benessere animale e sostenibilità, in secondo luogo dimenticarsi di tutti gli impegni presi a livello europeo per una transizione adeguata a forme che garantiscano livelli maggiori di benessere animale.

La produzione alimentare italiana rischia non solo di livellare verso il basso gli standard minimi in contrasto a quanto previsto dalla strategia europea Farm to Fork, ma anche di restare legata a un vecchio modello di produzione ai danni di animali, ambiente e clima.

Permettere ai produttori che non rispettano le norme sul benessere animale di adottare la certificazione volontaria proposta dai Ministeri significa inoltre svalutare completamente gli impegni già presi da produttori e aziende che stanno invece realmente lavorando su politiche di miglioramento del benessere animale.

Ad essere favoriti, sarebbero così coloro che lavorano ai margini degli standard minimi di legge, creando una sorta di concorrenza sleale e una comunicazione istituzionale fuorviante per i consumatori.

Le associazioni hanno da mesi messo in luce le necessità di una profonda revisione della proposta del “Sistema di Qualità Nazionale Benessere Animale”, inviando più volte proposte precise e puntuali anche su richiesta esplicita del Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli.

Tra i criteri proposti atti a determinare il benessere animale, l’introduzione di più livelli (di cui almeno 2 al coperto) diversificati per ogni specie chiaramente visibili in etichetta, la cancellazione di riferimenti non attinenti al benessere animale e la considerazione dei bisogni etologici di specie, della densità di animali e delle condizioni di trasporto tra i criteri atti a determinare il benessere animale.

Senza queste modifiche essenziali, etichettare con il claim “benessere animale” i prodotti sarebbe un inganno nei confronti dei consumatori e degli allevatori che già hanno avviato una reale transizione, a scapito di una maggiore tutela degli animali allevati.

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