Ambiente

Biden (di nuovo) bocciato sul clima

L’agenda verde del presidente degli Stati Uniti è ferma a una pagina bianca. Nonostante le promesse elettorali, gli Usa sembrano incapaci di agire in modo efficace per invertire la rotta in campo energetico
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
29 aprile 2022 Aggiornato alle 11:00

Nel suo discorso al Leaders Summit on Climate, a tre mesi dal suo insediamento, Joe Biden aveva promesso che entro il 2030 avrebbe ridotto le emissioni di gas serra del 50-52% rispetto ai livelli del 2005.

Un anno dopo, scrive Bloomberg, quell’obiettivo sembra essere ormai fuori portata, la proposta della Casa Bianca di investire circa 555 miliardi di dollari in misure per il clima e l’energia pulita si è arenata e le elezioni di medio termine che si avvicinano rendono improbabile questo passaggio.

«Sono grato per i miglioramenti che abbiamo visto sotto questa amministrazione, ma non è arrivata abbastanza lontano da potersi ritenere sulla buona strada per affrontare la crisi climatica», ha dichiarato il deputato democratico Jared Huffman, uno dei principali progressisti alla Camera.

A marzo, inoltre, l’amministrazione Biden ha disposto il rilascio di 180 milioni di barili di petrolio per compensare le forniture di greggio a fronte della crisi energetica innescata dalla Russia. La squadra del Presidente, però, è convinta che si tratti di un problema reversibile.

«In questo momento stiamo lavorando a un’emergenza relativa al prezzo dell’energia e alla sicurezza che ci vede coinvolti insieme all’Europa», ha affermato la consulente nazionale per il clima della Casa Bianca Gina McCarthy, «ma i nostri obiettivi restano gli stessi e riguardano l’energia pulita».

Secondo quanto riferito da Reuters e New York Times, la stessa McCarthy sarebbe tuttavia insoddisfatta del ritardo dell’amministrazione Biden sul cambiamento climatico, e avrebbe intenzione di dimettersi nei prossimi mesi.

Di recente la Casa Bianca è stata inoltre criticata dagli ambientalisti per non aver mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale. «L’eredità climatica di Biden è una tragica delusione», ha dichiarato Kassie Siegel, direttrice dell’organizzazione no-profit Center for Biological Diversity’s, e l’amministratore delegato di Solv Energy George Hershman ha affermato che l’amministrazione Biden «ha fatto più danni alle energie rinnovabili rispetto alla precedente amministrazione».

Alcuni numeri sembrano dargli ragione. Pur restando inferiore ai livelli pre-pandemia, secondo le stime preliminari effettuate dalla società di ricerca Rhodium Group nel primo anno della presidenza Biden la produzione di gas serra è aumentata del 6,2% rispetto al 2020, «allontanando ulteriormente gli Stati Uniti dal raggiungimento dei loro obiettivi climatici per il 2025 e il 2030».

Anche per questo nelle ultime settimane Biden si è prodigato con una serie di misure mirate a riguadagnare la fiducia dell’elettorato più sensibile al tema. Ultima quella presa a Seattle, dove l’attuale Presidente degli Stati Uniti ha firmato un ordine esecutivo che punta a tutelare le foreste nazionali colpite da incendi e siccità.

Pochi giorni prima aveva ripristinato tre disposizioni del National Environmental Policy Act, una legge del 1970 in parte smantellata da Trump che richiede alle agenzie federali di valutare l’impatto ambientale di progetti come la costruzione di miniere, autostrade, infrastrutture idriche e gasdotti. Buone notizie, ma i più scettici le ritengono insufficienti a invertire la rotta e il tempo a disposizione per farlo sembra essere poco.

Uno dei primi provvedimenti presi da Biden è stato quello di far rientrare gli Stati Uniti nell’Accordo di Parigi che il suo predecessore aveva stracciato nel 2017, ma un rapporto recente del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite ha avvertito che per non invalidarne gli obiettivi l’inquinamento da gas serra deve raggiungere il suo picco entro il 2025.

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