Ambiente

Joe Biden un anno dopo. E le promesse verdi?

Build Back Batter, il piano di spesa da un miliardo e mezzo di dollari è stato affossato. Così come tante altre belle parole, rimaste parole
Tempo di lettura 4 min lettura
21 gennaio 2022 Aggiornato alle 08:00

Osservando dal Washington Monument, l’obelisco prospiciente la Casa Bianca, si riesce a vedere il punto esatto in cui si è infranta l’onda del movimento ecologista americano, ma anche dei #BlackLivesMatters, di #MeToo e del Sunrise Movement. Uno scoglio noto come Capitol Hill, sede del Congresso americano. Lo stesso luogo dove il 6 gennaio una folla inferocita fece breccia per chiedere l’annullamento delle elezioni.

Poco più di un anno fa, milioni di giovani energici, donne, elettori di colore e indipendenti hanno unito le forze per portare Joe Biden alla Casa Bianca. Ma a dodici mesi dal suo insediamento al 1600 di Pennsylvania Avenue, la sua coalizione sembra in crisi. Dopo le grandi promesse e gli annunci roboanti – il primo fu quello di rientrare dentro il negoziato ONU del clima, ripudiato dal tracotante Donald Trump – l’agenda progressista e green del vecchio Biden, che appare già affaticato dall’immane lavoro di presidente della più grande potenza del mondo, sembra arroccata in un angolo. Ogni sua proposta legislativa è sistematicamente ostacolata dai repubblicani e dai senatori democratici conservatori, su tutti la folle opposizione di Joe Manchin, ribattezzato il Grinch del clima.

Manchin, franco tiratore d’annata, ha sferzato un colpo durissimo bloccando al Senato il Build Back Batter, un piano di spesa da quasi un miliardo e mezzo di dollari che vede allocati ben 555 miliardi per sostenere energie rinnovabili, elettrificazione dei trasporti e riduzione delle fonti fossili. Biden, Pelosi & Co hanno provato a dissuaderlo dalla sua posizione. Ma Manchin, eletto dai minatori del carbone della West Virginia, non ha sentito ragione. Un duro colpo per il Presidente, che ha peraltro dovuto subire la figuraccia di quello che non riesce a tenere a bada i suoi.

La Casa Bianca si è sbracciata per sottolineare alcuni risultati importanti in campo ambientale: dalla limitazione degli idrofluorocarburi all’innalzamento degli standard di emissione delle automobili, fino ai regolamenti per ridurre l’impronta carbonica delle agenzie federali. Certo, comparati all’era Trump possono passare per un successo.

Risultati che, indeboliti dallo stallo al Senato e sommati alle tante rese nei confronti dell’industria petrolifera hanno ridotto drasticamente la fiducia da parte degli elettori ed elettrici più giovani.

Persino Greta Thunberg ha strigliato Joe, dichiarando al Washington Post come sia «strano che la gente pensi a Joe Biden come un leader per il clima», ha detto. «Gli Stati Uniti stanno espandendo le infrastrutture dei combustibili fossili». Un riferimento a quanto avvenuto pochi giorni dopo i negoziati sul clima di Glasgow, la COP26, dove l’amministrazione Biden ha messo all’asta 32 milioni di ettari nel Golfo del Messico. Un record per le trivellazioni offshore, che permetteranno l’estrazione di 1,12 miliardi di barili di petrolio e 120 miliardi di metri cubici di gas metano. Certo erano contratti già stabiliti, ma la possibilità di fermarli ci sarebbe stata. La sete di idrocarburi statunitense rimane inarrestabile.

Nuvole cupe si ergono sull’alba progressista. La Corte Suprema esaminerà a febbraio un caso cruciale che potrebbe limitare in modo significativo l’autorità del presidente Biden di regolamentare l’anidride carbonica emessa dalle centrali elettriche. Inoltre le elezioni di medio termine incombono a novembre, una minaccia concreta dove i dem rischiano di perdere il controllo del Congresso. Se così accadesse verrebbe bloccata qualsiasi azione per rallentare il cambiamento climatico.

Se Biden vuole contribuire a garantire la sicurezza del pianeta e cercare di essere ricordato come un presidente che si adoperò per il clima, deve agire con fermezza. Innanzitutto cercare di riprendere il controllo della maggioranza democrats al Senato rendendo la vita di Manchin un inferno. Servirà poi fermare concretamente l’assegnazione di nuove aree per l’estrazione petrolifera e continuare a bloccare le infrastrutture nascenti per l’oil&gas. Infine sarebbe auspicabile una grande offensiva di comunicazione per contrastare le sirene reazionarie anticlima dei repubblicani pro-Trump. Solo così Joe Biden potrebbe aiutare a riconquistare una quota importante di voti dal mondo ecologista per il Congresso.

Sembra impossibile che una grande nazione come l’America non sia in grado di avviare una fase riformista su clima e ambiente. È tempo che l’Europa faccia pressione sull’alleato americano. Altrimenti, anche a livello geopolitico, si rischiano sul lungo termine gravi ripercussioni. Anche peggiori della fuoriuscita dall’Accordo di Parigi.