La transizione energetica potrebbe creare 80.000 posti di lavoro

«In 24 o 36 mesi è ragionevole pensare che potremo abbandonare completamente la dipendenza italiana dal gas russo»: il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani torna sulla questione energetica al panel “Crisi climatica, dalla protesta alla proposta”, ma lo fa in collegamento da remoto e in differita. Era previsto che partecipasse in diretta, ma un impegno dell’ultimo minuto gli ha impedito di recarsi al Festival internazionale del giornalismo in corso a Perugia, dove era stato invitato per confrontarsi con attivisti e giornalisti in merito al tema.
Sarebbe proprio la sigla di un protocollo legato all’individuazione di nuovi gasdotti per l’Italia ad averlo trattenuto altrove, forse in Nord Africa: nei giorni scorsi si è parlato molto di diversificazione delle fonti energetiche, con il ministro degli Esteri Luigi di Maio che sta stringendo nuovi accordi con Algeria, Libia, Mozambico e Angola. L’ultimo Paese nel mirino della Farnesina è stato l’Azerbaijan.
Il rischio è che, dipendendo da Paesi instabili e poco democratici, si ricada nella stessa situazione odierna: «Più diversificheremo le nostre fonti e i Paesi da cui proviene il gas, meno alto sarà il pericolo di una crisi che li colpisca tutti insieme e li faccia “impazzire”. E poi, ora, non abbiamo alternative: sappiamo solo che non possiamo più dipendere al 40% da un unico fornitore», ha spiegato Cingolani.
Il ministro è ottimista: «Se ci staccassimo da un giorno all’altro dal gas russo per i primi 4 mesi non avremmo grossi problemi». Un po’ per l’avvicinarsi della bella stagione, un po’ perché le riserve accumulate e le altre fonti di energia permetterebbero all’Italia di compensare l’import che verrebbe meno. «Se non succede niente di irrimediabile, ora credo di poter mantenere l’impegno della decarbonizzazione al 55% entro il 2030», promette il ministro.
Meno ottimista è il professor Luca Mercalli, meteorologo, climatologo e divulgatore scientifico collegato in diretta da remoto: «Basta guardarsi attorno per capire che manca la comunicazione coi cittadini: investiamo in un’informazione che permetta al singolo individuo di risparmiare energia. Dobbiamo ridurre le nostre necessità, consumiamo troppo e consumiamo male: dobbiamo evitare il superfluo». Mercalli fa degli esempi: «L’illuminazione pubblica di notte dove non serve o le stufette a gas tanto diffuse nei dehor dei bar e dei ristoranti! Il 99% di quel calore finisce nell’aria, non riscalda proprio nessuno. Usiamo quel gas nelle nostre case, piuttosto, non sprechiamolo così! E incentiviamo il telelavoro, che ci fa risparmiare litri di carburante».
Ad intervenire al panel, in diretta, anche Salvatore Bernabei, ceo di Enel Green Power, che si occupa dello sviluppo e della gestione delle attività di generazione di energia da fonti rinnovabili: «Esistono molti progetti che, se venissero autorizzati, potrebbero essere realizzati nel breve termine e ci consentirebbero di essere più indipendenti dalle fonti fossili. Dei 28 miliardi di metri cubi di gas che attualmente importiamo dalla Russia, 18 potremmo eliminarli se sviluppassimo 60 gigawatt di rinnovabili».
E si tratta solo di una parte dei 180 GW di iniziative e progetti in attesa di autorizzazioni, ambientali e paesaggistiche, a cui devono essere sottoposte queste infrastrutture per essere realizzate in Italia. Secondo il ministro Cingolani «il 90% dei nuovi impianti di rinnovabili viene bloccato per motivi paesaggistici. Credo che la priorità energetica sia oggi più importante». Ed è per questo che, secondo Bernabei, bisogna accelerare nel processo di autorizzazione, nonostante il 2021 abbia segnato un record perché «c’è stato un bel salto nelle autorizzazioni dei progetti, e siamo passati da 0,8 GW di permessi a 2,4 GW. È confortante che si stia moltiplicando il tasso di velocità di approvazione dei progetti sulle rinnovabili, ma se confrontiamo i 2,4 GW con le ambizioni e, soprattutto, con il fare quello che è necessario, allora il bicchiere è ancora mezzo vuoto».
Bernabei ha anche sottolineato che troppo spesso si ignora l’ammontare dei posti di lavoro che verrebbero creati dalle fonti sostenibili: «La transizione energetica potrebbe creare 80.000 nuovi posti di lavoro, non diamo mai per scontato questo aspetto».