Ambiente

La transizione energetica potrebbe creare 80.000 posti di lavoro

Dal Festival del giornalismo di Perugia, il ministro Cingolani parla di gas russo «che potremo abbandonare in 24 o 36 mesi». E di rinnovabili con Salvatore Bernabei di Enel Enrgy Group, che rilancia il tema dell’occupazione green
Il ministro Cingolani in collegamento al Festival del Giornalismo di Perugia.
Il ministro Cingolani in collegamento al Festival del Giornalismo di Perugia.
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
8 aprile 2022 Aggiornato alle 19:00

«In 24 o 36 mesi è ragionevole pensare che potremo abbandonare completamente la dipendenza italiana dal gas russo»: il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani torna sulla questione energetica al panel “Crisi climatica, dalla protesta alla proposta”, ma lo fa in collegamento da remoto e in differita. Era previsto che partecipasse in diretta, ma un impegno dell’ultimo minuto gli ha impedito di recarsi al Festival internazionale del giornalismo in corso a Perugia, dove era stato invitato per confrontarsi con attivisti e giornalisti in merito al tema.

Sarebbe proprio la sigla di un protocollo legato all’individuazione di nuovi gasdotti per l’Italia ad averlo trattenuto altrove, forse in Nord Africa: nei giorni scorsi si è parlato molto di diversificazione delle fonti energetiche, con il ministro degli Esteri Luigi di Maio che sta stringendo nuovi accordi con Algeria, Libia, Mozambico e Angola. L’ultimo Paese nel mirino della Farnesina è stato l’Azerbaijan.

Il rischio è che, dipendendo da Paesi instabili e poco democratici, si ricada nella stessa situazione odierna: «Più diversificheremo le nostre fonti e i Paesi da cui proviene il gas, meno alto sarà il pericolo di una crisi che li colpisca tutti insieme e li faccia “impazzire”. E poi, ora, non abbiamo alternative: sappiamo solo che non possiamo più dipendere al 40% da un unico fornitore», ha spiegato Cingolani.

Il ministro è ottimista: «Se ci staccassimo da un giorno all’altro dal gas russo per i primi 4 mesi non avremmo grossi problemi». Un po’ per l’avvicinarsi della bella stagione, un po’ perché le riserve accumulate e le altre fonti di energia permetterebbero all’Italia di compensare l’import che verrebbe meno. «Se non succede niente di irrimediabile, ora credo di poter mantenere l’impegno della decarbonizzazione al 55% entro il 2030», promette il ministro.

Meno ottimista è il professor Luca Mercalli, meteorologo, climatologo e divulgatore scientifico collegato in diretta da remoto: «Basta guardarsi attorno per capire che manca la comunicazione coi cittadini: investiamo in un’informazione che permetta al singolo individuo di risparmiare energia. Dobbiamo ridurre le nostre necessità, consumiamo troppo e consumiamo male: dobbiamo evitare il superfluo». Mercalli fa degli esempi: «L’illuminazione pubblica di notte dove non serve o le stufette a gas tanto diffuse nei dehor dei bar e dei ristoranti! Il 99% di quel calore finisce nell’aria, non riscalda proprio nessuno. Usiamo quel gas nelle nostre case, piuttosto, non sprechiamolo così! E incentiviamo il telelavoro, che ci fa risparmiare litri di carburante».

Ad intervenire al panel, in diretta, anche Salvatore Bernabei, ceo di Enel Green Power, che si occupa dello sviluppo e della gestione delle attività di generazione di energia da fonti rinnovabili: «Esistono molti progetti che, se venissero autorizzati, potrebbero essere realizzati nel breve termine e ci consentirebbero di essere più indipendenti dalle fonti fossili. Dei 28 miliardi di metri cubi di gas che attualmente importiamo dalla Russia, 18 potremmo eliminarli se sviluppassimo 60 gigawatt di rinnovabili».

E si tratta solo di una parte dei 180 GW di iniziative e progetti in attesa di autorizzazioni, ambientali e paesaggistiche, a cui devono essere sottoposte queste infrastrutture per essere realizzate in Italia. Secondo il ministro Cingolani «il 90% dei nuovi impianti di rinnovabili viene bloccato per motivi paesaggistici. Credo che la priorità energetica sia oggi più importante». Ed è per questo che, secondo Bernabei, bisogna accelerare nel processo di autorizzazione, nonostante il 2021 abbia segnato un record perché «c’è stato un bel salto nelle autorizzazioni dei progetti, e siamo passati da 0,8 GW di permessi a 2,4 GW. È confortante che si stia moltiplicando il tasso di velocità di approvazione dei progetti sulle rinnovabili, ma se confrontiamo i 2,4 GW con le ambizioni e, soprattutto, con il fare quello che è necessario, allora il bicchiere è ancora mezzo vuoto».

Bernabei ha anche sottolineato che troppo spesso si ignora l’ammontare dei posti di lavoro che verrebbero creati dalle fonti sostenibili: «La transizione energetica potrebbe creare 80.000 nuovi posti di lavoro, non diamo mai per scontato questo aspetto».

Leggi anche
Il colonnato di piazza Plebiscito a Napoli.
Ambiente
di Elisabetta Ambrosi 5 min lettura
energia
di Giacomo Talignani 6 min lettura