Storie

Vittoria Schisano: «La mia femminilità? Un dato di fatto»

Attrice, classe 1983, originaria di Pomigliano d’Arco. Nel 2011, da protagonista di serie tv, decide la sua #storiadisvolta: intraprendere un percorso di transizione. «Adesso ho scoperto chi sono»
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1 aprile 2022 Aggiornato alle 22:00

La prima svolta nella vita dell’attrice transgender Vittoria Schisano è avvenuta nel 2011 quando, dopo aver iniziato una bella carriera nella recitazione, con ruoli da protagonista in serie importanti (tra queste, Io e mio figlio), ha deciso di intraprendere il percorso di transizione per cambiare genere.

«Un iter lungo e difficilissimo – ci racconta Vittoria Schisano, con il suo modo schietto di parlare – anche dal punto di vista psicologico. Fino a poco tempo fa ero una persona chiusa al mondo, non mi conoscevo bene. Nascondevo le mie insicurezze dietro il trucco perfetto, e mettevo delle maschere. Non ho avuto un’adolescenza da donna, di conseguenza ho vissuto tutto in modo tardivo, estetizzando questa femminilità conquistata, non sapendo neanche come misurarla».

Non è più così?

«Adesso non ho paura a mostrarmi come sono, ho scoperto chi è davvero Vittoria, una donna normale che può uscire con i capelli legati e senza trucco. Può sembrare una cosa frivola, ma non è così. Oggi la mia femminilità è un dato di fatto, non ho più bisogno di ostentarla».

Cosa è successo?

«Quattro anni e mezzo fa è arrivato l’amore, è arrivato un uomo che non ha avuto paura, non è stato titubante, mi ha preso per mano e mi ha guidato nel capitolo più bello e consapevole della mia vita. Vittoria adesso è una persona risolta, ben definita e soprattutto felice».

Sul piano professionale è cambiato qualcosa?

«Certo. Fino a qualche anno fa non avrei mai pensato di dedicarmi al doppiaggio e di essere nascosta dietro un personaggio. Ho una sicurezza maggiore anche nell’uso della voce, e mi piace tanto questo lavoro. Ho doppiato Natalie, uno dei personaggi inediti introdotti dalla quarta stagione di Big Mouth, sono nel cast di Raya della Disney e anche in Birds of Paradise».

Sta cambiando qualcosa nel mondo dello spettacolo rispetto ai temi LGBT?

«Prima le storie LGBT servivano solo a fare share, le mettevano nelle sceneggiature per attirare il pubblico curioso. Oggi non è sempre così, perché si inizia ad avere la volontà di presentare dei personaggi reali, ben raccontati, che abbiano profondità, per sensibilizzare e educare quella parte di pubblico che ancora non lo è».

Le nuove generazioni sono molto più attente.

«E soprattutto per loro, penso anche ai giovani registi, autori, è la normalità, non è qualcosa che si deve inserire in un racconto come le quote rosa o le quote gay. Infatti, dopo tanti ruoli banali, persino grevi, cominciano ad arrivarmi delle proposte interessanti dove le storie come la mia sono trattate allo stesso modo delle altre, come nella serie cult Euphoria, non è marginale, né usata solo per dare colore».

Progetto futuro?

«Vorrei diventare mamma. Questo è il mio progetto. Mi domando come sarà affrontare questa incredibile possibilità. E mi vedo sposata con dei figli che spero di educare alla felicità».